Recensione su The Marvelous Mrs. Maisel

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Formula Palladino / 21 Gennaio 2019 in The Marvelous Mrs. Maisel

Prima stagione
La pluripremiata serie tv originale Amazon La fantastica signora Maisel è una comedy ambientata a New York, principalmente tra Upper West Side e Greenwich Village, nella seconda metà degli anni Cinquanta.
La storia di Midge Maisel (la bravissima ed estremamente graziosa Rachel Brosnahan) è quella, un po’ sui generis, di una efficientissima e brillante casalinga della upper class ebrea che, lasciata dal marito per una segretaria sciapa, trova una inaspettata valvola di sfogo e un mezzo di affermazione personale nella stand-up comedy.
Diciamo che, anche cronologicamente, siamo dalle parti dell’intraprendenza à la Mildred Pierce, ma, invece di sfornare torte salate e aprire un diner, la protagonista sfida le convenzioni dell’epoca (e non solo) salendo su un palco e affacciandosi in un contesto pressoché esclusivamente maschile. Come pochi, Midge sa intrattenere un pubblico (sia esso quello intervenuto a un party o a una manifestazione a Washington Square) con aneddoti salaci e battute fulminanti, spesso improvvisate.
Costretta a tornare a vivere con i due figli piccoli dai suoi genitori, Midge inizia a condurre una doppia vita: di giorno, è commessa in un grande magazzino di Manhattan di articoli di cosmesi, capacissima (perché, in quanto perfetta esponente femminile della middle class, è esperta di belletto e bellezza e ha un personale invidiabile, con caviglie da 21 cm.); di sera, sfoderando un senso dell’analisi e un turpiloquio inaspettati, afferra un microfono e sale su un palco, all’insaputa di parenti, ex marito e amici.

Il plot della Signora Maisel è interessante, perché parla di emancipazione in maniera apparentemente poco convenzionale, optando per una collocazione temporale e sociale particolarmente emblematica: famiglia ebrea americana pre-’68, con tutte le implicazioni sociologiche del caso.
Peccato che lo slancio originale si perda, a mio parere, in una serie di schemi comportamentali e relazionali già visti nella precedente serie tv creata da Amy Sherman Palladino, Una mamma per amica (Gilmore Girls) (2000-2007). Qui, si ripropongono, invariate a prescindere dal contesto, le stesse dinamiche esistenti fra la protagonista e il resto dei personaggi che le ruota intorno, in particolare con la madre.

Puntualmente, come accadeva in Una mamma per amica, la protagonista vede/comprende cose che sfuggono a tutti (ma proprio a tutti) gli altri personaggi che, di conseguenza, appaiono invariabilmente estremamente macchinosi (vedi, i padri di Midge e Joel) o particolarmente stolidi (l’elenco sarebbe lungo, ce ne sono almeno un paio a episodio, ma basti pensare alla collega di Midge fissata coi divi del cinema, all’amica Imogene o a quella poveraccia di Penny Pen), imbrigliati dalla loro cecità (dovuta principalmente alle convenzioni, of course). Midge è un faro (e la Brosnahan è davvero luminosissima, catalizzatrice), ma, nonostante le sue tante sfaccettature e le sue divertenti abilità dissimulatorie, è una protagonista monocorde perché pefettamente imperfetta e, quindi, matematicamente adorabile e perfino invidiabile nella sua curiosa sfortuna e nella sua capacità di trovare con apparente facilità un “piano B”. Il fatto è che anche Lorelai Gilmore era esattamente così, tenace “imprenditrice di sé stessa”.

Midge è una Lorelai pre-rivoluzione sessuale, con tutti i limiti e, contemporaneamente, le potenzialità del caso. Perciò, confezione a parte (molto curata nella definizione del contesto, con un tocco estemporaneo nella scelta dei brani dei titoli di coda) e riflettendo sul fatto che non mi pare di aver mai visto altrove una messinscena tv o cinematografica che parli esplicitamente di affrancamento sociale di una donna attraverso la comicità, questa serie tv non riesce a entusiasmarmi particolarmente. Anche la sua impostazione da musical non è una novità: Stars Hollow, il paesino di finzione in cui si svolge Gilmore Girls, è il set permanente di un musical che ruota intorno a Lorelai e figlia, con tanto di Grant Lee Buffalo a fare (ogni tanto) da cantore.

Non so se e come si evolverà il personaggio di Midge nella seconda stagione (già disponibile su Amazon. Ne è già stata programmata una terza), ma non so cosa possa offrirmi di speciale per altri 10 episodi la bella Midge che già non abbia visto anche in altri prodotti tv (vedi, Mad Men e la sua carrellata di personaggi femminili in evoluzione). Quel che so è che la logorrea che affligge le serie tv della Palladino (qui, sicuramente funzionale alla comicità del personaggio) non è più nelle mie corde e che la signora Maisel dovrà fare i salti mortali per stupirmi, stupende gonne a ruota multicolori a parte.

Nota: nella versione italiana, il termine stand up comedian è stato tradotto con “comico” e confesso che, pur conscia del fatto che non esiste un debito corrispettivo nella nostra lingua, un po’ mi infastidisce. Il nostro avanspettacolo e la comicità a cui siamo abituati in Italia è diversa da quella di cui si serve Midge per comunicare, anche se, negli ultimi anni, sono tanti gli “emuli” della stand up comedy anche nel nostro Paese. Però, con “comico” io intendo ben altra cosa da quello che, negli anni, hanno fatto su un palco Woody Allen, Louis C.K. e soci.
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Voto prima stagione: 6 stelline.

Seconda stagione
[Aggiornamento del 27 marzo 2019]
Per quel che mi riguarda, nessuna variazione rispetto alla prima stagione, pregi e difetti inclusi.
Se, pure, si viene a conoscenza di ulteriori dettagli relativi alla vita privata della manager Susie (Alex Borstein) e si assiste a una crisi personale della mamma di Midge (Marin Hinkle), la storia si arrotola spesso su se stessa, continuando a proporre sempre gli stessi argomenti, senza particolari novità e incrementando la densità e la velocità dei dialoghi. Anzi, diverse parentesi narrative (perdonate la reiterazione e i continui parallelismi, ma la cosa è più forte di me) riprendono pari pari alcuni passaggi di Una mamma per amica (vedi, il viaggio a Parigi e la rottura/riappacificazione dei genitori di Midge). Anche il rapporto tra Susie e la signora Maisel somiglia sempre di più a quello tra Sookie e Lorelai, con la manager sempre più eccentrica ed emotiva.
Insomma, non ce la faccio più.
Però, c’è un fattore positivo che continua a incuriosirmi: l’ambivalenza di Midge che, da una parte, è decisamente progressista, ma, dall’altra, ama districarsi e, contemporaneamente, bearsi tra le convenzioni imposte dal suo ruolo (giovane donna estremamente graziosa e brillante).

Voto seconda stagione: 6 stelline.

Terza stagione
[Aggiornamento del gennaio 2020]
Sono ufficialmente stufa. La terza stagione ripete quanto detto nelle prime due, con gli stessi meccanismi, esasperando ulteriormente caratterizzazioni e toni (anche questo è tipico della “formula Palladino”), avvalendosi di più denaro, il che vuol dire, più comparse, decine, centinaia di comparse, più costumi e perfino numeri musicali (ebbene sì).
Speravo nella conclusione della serie. Non è così.

Voto seconda stagione: 5 stelline.

3 commenti

  1. Patrick Martinotta / 28 Maggio 2021

    Ogni volta che inserisco un film o una serie tv su questo sito, dopo aver inserito il voto corro a leggere la tua recensione, di cui quasi sempre condivido parola per parola 🙂 punto di riferimento!

  2. Patrick Martinotta / 30 Maggio 2021

    @stefania è solo perché mi sono innamorato della Brosnahan, che poi è anche l’unico motivo per cui sono andato avanti a vedere la serie

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