Recensione su Tutto quello che vuoi

/ 20177.291 voti

La chiameremo RRRoma / 4 Agosto 2017 in Tutto quello che vuoi

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Ah e ò, come ahò. Roma, quartierino, quattro ragazzi sfaccendati sui 20, molto flaneurs. Stanno al bar, fischiano alle gnocche, fanno a botte. Alessandro viene costretto dal padre a far compagnia a un signore con l’Alzheimer. Costui si chiama Giorgio G (come quello della Gialappa’s O_O ma pecché?), e fu poeta benemerito, ha in soggiorno le foto con Pertini e così via. Si conoscono e ricordi dalla affiorano nebbia. Di quando era piccolo e gli americani l’avevano portato oltre la linea gotica. Insomma parte un viaggio, con Alessandro e la sua ghenga di amici (la punto al dito: questa è una cit. dagli Aristogatti), alla ricerca di qualcosa, sotto una croce, in un lago. Già dalla locandina di questo film si pensa “mbofsì, è la solita roba col vecchio rincitrullito e il giovane scavezzacollo, che impareranno a migliorarsi l’uno con l’altro”. E invece… sì! Però al contempo riesce ad evitare una serie non finita di trappole retoriche e melensaggini, sia nella sceneggiatura che nella costruzione e svolgimento dei personaggi. Per cui a tanto si accenna ma poi sta fuori campo (il bacio). Alessandro ha una storia con la milf di Riccardo, e gli altri amici fanno scassare, particolarmente quello ciccio, ma io sono un fan, ci deve sempre essere un amico ciccio in ogni cumpa. Never più without #amicociccio. Dapprincipio tutto parte così pessimo quartieri poveri e anvedi che zinne che dici “gawrsh”, e ti senti Pippo, e ti domandi quando arriverà Bonolis o spaco botilia. Invece poi nessuno finisce come sarebbe finito se questa fosse stata una serie tv di canale 5 – ma che è, un complimento? Ma che davèro? Giorgio, e l’attore, sono enormi. Perché è sperduto senza smettere di essere un signore e distinto poeta, e parla aulico a quell’altro che non capisce un ca**o, e finirà che non ci stava con la testa ma avrà chiuso tutti i cerchi. Giuliano Montaldo (Giorgio) è un regista e attore che ha lavorato con chiunque, semidimenticato come il poeta che impersona – no ma vattela a vedere una filmografia se hai coraggio, c’è Klaus Kinski, Achtung! Banditi, Pontecorvo e Cassavettes. Cazzo, sembra una canzone dei Baustelle. Per cui i temi finiscono (anche) per essere la memoria (trasmissione della) e l’incontro, e alla fine i quattro ragazzotti, che all’inizio erano ripieni di niente, se ne vanno dal funerale cantando la canzone degli uomini liberi. Ma ci arrivano pezzo per pezzo, attraverso versi di dolore incisi sul muro e ricerche in biblioteca, dove finalmente A. conosce la zecca, ehm, la tipa comunista e totalmente fuori moda che balla il twist e gli fa passare la voglia di milf – questo era per romantica una pennellata dare. Per cui chiuderà tutti i conti, si fa pestare da chi aveva pestato, abbracciapadre che per reazione avevodiato. Passato e consapevolezza fanno sentire liberi, e prima di baciarla bisogna chiedere “posso?”

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