Recensione su Habemus Papam

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6 Ottobre 2013

Non vorrei essere cinica, ma Moretti è un altro di quei registi che si è un po’ perso per strada con il trascorrere degli anni.
Ho letto lodi sperticate su questo film(qualcuno lo ha addirittura definito uno dei migliori film del decennio…), ma a me non è sembrato così, mi è parsa più una commedia comica che alla fine non fa nulla per evidenziare quello che era il suo pensiero principale, ossia il tormento e la paura che assalgono un uomo quando si trova davanti a situazioni che non è in grado di gestire e affrontare.
Poteva essere un ottimo film(il soggetto principale è molto interessante, la vicenda umana di un uomo che si ritrova a dover affrontare le sue paure, a dover affrontare una responsabilità più grande di lui, dalla quale viene inesorabilmente schiacciato), ma alla fine Moretti non spiega nulla, non ci fa capire dove volesse andare a parare(mi aspettavo un finale ben diverso).
Un voto in più lo conferisco solo per l’intensa interpretazione di Piccoli, perfetto nell’uomo fragile, sensibile, colto da mille dubbi e da mille paure, ma per il resto il film non mi ha detto assolutamente nulla.
Sto cominciando ad avere nostalgia del Moretti di “La messa è finita” e di “Palombella Rossa”…

1 commento

  1. Stefania / 6 Ottobre 2013

    Che questo sia un Moretti diverso da quello degli esordi, perlomeno formalmente, non lo escludo.
    Non condivido l’idea, però, che il film non affronti bene il tema della “paura delle cose più grandi di noi”: credo, infatti, che Moretti proprio col finale (apparentemente) inconcluso sottolinei con forza come contro timori di questa portata sia difficile combattere. Tutti i candidati al soglio, lo si vede all’inizio, non desiderano diventare il nuovo Papa e l’abdicazione del Pontefice investito riporta la situazione al punto zero della storia. L’ironia è forte, perché le paure spiccatamente terrene di un singolo uomo gettano nel panico dell’abbandono una comunità di fedeli e mettono in ambasce un manipolo di religiosi che, come lui, non desiderano un simile incarico: la “verità”, l’autenticità dell’essere umano, pur pio e buono, prevale sul suo senso di responsabilità. L’istinto primordiale dell’auto-conservazione vince su altre possibili pulsioni, siano esse spirituali o materiali.
    Per quel che mi riguarda, pur con qualche riserva (es. il torneo di pallavolo), nel complesso ritengo di aver apprezzato il film proprio per via del finale, affatto consolatorio.

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