Recensione su Perfect Days

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Quando siete felici, fateci caso, secondo Wenders / 16 Gennaio 2024 in Perfect Days

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Quando sono andata al cinema per vedere il nuovo film di Wim Wenders, stavo già leggiucchiando il libro Quando siete felici, fateci caso, una raccolta dei discorsi che lo scrittore statunitense Kurt Vonnegut ha tenuto fra gli anni Settanta del Novecento e i primi Duemila ai laureandi di varie università statunitensi.
Al di là del dettaglio dei contenuti dei discorsi di Vonnegut, mi è sembrata una felice coincidenza: penso che Perfect Days di Wenders sia un’ottima rappresentazione tridimensionale del titolo di quella raccolta.

Il protagonista del film, Hirayama (Yakusho Kōji, premiato a Cannes 2023), sembra aver fatto propria – in maniera intima e costitutiva – la massima di Vonnegut.
Hirayama sembra apprezzare profondamente ogni attimo della propria esistenza, tanto da potersene commuovere.
L’uomo non sente la necessità di godere o approfittare di niente di più che non siano le cose che sono entrate a far parte della sua immutabile routine quotidiana: il risveglio, il caffé in lattina, la musica preferita su nastro, il viaggio verso il lavoro, il lavoro (per quanto consista nel pulire bagni pubblici, seppur progettati da famosi architetti giapponesi), il pranzo, gli alberi, l’ombra cangiante tra le foglie, la bicicletta, l’accurato lavacro personale, il pasto in stazione, la lettura serale, il sonno notturno, i sogni.
Una sosta in libreria e la scelta di un testo in cui immergersi, la lavanderia settimanale e il ritiro e la scelta delle stampe fotografiche sono eventi accessori che funzionano da corollario standard agli eventi di tutti gli altri giorni.

Nel corso del film, il passato di Hirayama non è raccontato nel dettaglio, può essere solo intuito dal pubblico. Eppure, risulta ben chiaro che la sua “vita precedente” sia stata molto diversa da quella attuale.
Palesemente, la rottura fra i due (suoi) mondi è stata netta e, probabilmente, drammatica.
Ora, il silenzioso, solitario, efficiente, gentile e metodico Hirayama sembra un uomo felice (come sembra sia l’individuo bizzarro che vive in una tenda e abbraccia gli alberi in uno dei parchi in cui lavora il protagonista).

La scena finale del film mi ha emozionato tanto.
Sul volto di Hirayama, si alternano in modo consecutivo tante sensazioni: turbamento, gioia, apprensione, commozione.
In quella sequenza, il viso di Hirayama sembra condensare le emozioni legate a una vita intera. O a una giornata come un’altra.

2 commenti

  1. rust cohle / 24 Gennaio 2024

    L’ultima sequenza a cui fai riferimento ha colpito anche me ma più che a livello emotivo a livello tecnico, io non sono un esperto di recitazione ma credo che passare dal sorriso alla commozione in quel modo continuativo, tipo loop, solo un attore di un certo valore può farlo.

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