”Il mondo, in realtà, è fatto da tantissimi mondi” / 11 Aprile 2024 in Perfect Days
”La bellezza salverà il mondo” scriveva Dostoevskij.
Ora, bisogna vedere quale, di mondo. Se quei mondi tipici, ordinari, che come matrioske, o piccole scatole cinesi, riescono perfettamente a inserirsi in un sistema più grande, definibile come società; o uno di quei mondi più strambi, lontani da ogni classificazione, e per questo considerati diversi.
Nel microcosmo nipponico creato ad arte da Wim Wenders, il protagonista di Perfect Days, ricerca la bellezza sia nelle piccole cose, ( e qui l’elogio alla semplicità mi ricorda in parte quello descritto da Jim Jarmusch in Paterson ) che in quelle più delicate e complesse. Difatti il film è lungo gioco di luci e ombre, e soprattutto di riflessi. Rifrazioni che incantano il caratterista principale, e che invitano alla riflessione gli spettatori.
Un protagonista ( un superlativo Kōji Yakusho ) che scruta gli ecosistemi emotivi di un Giappone immerso sia nelle sue idiosincrasie, che nelle sue suggestioni, dove il silenzio sublima in visioni oniriche, e dove la bellezza rimane nitida anche nelle notti senza colore.
Il giorno perfetto descritto da Wim Wenders, molto probabilmente, è un giorno in cui gioia e dolore si compenetrano tra di loro, comprendendosi, indipendentemente da quale mondo si decida di abitare.