Recensione su Apollo 10 e mezzo

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Nostalgia canaglia / 2 Aprile 2022 in Apollo 10 e mezzo

Richard Linklater è uno dei più grandi cantori della nostalgia al cinema.
La nostalgia è lo stato d’animo preferito dal cinema degli ultimi anni, quindi dovrebbe essere venuta a noia, ma lui la manipola ancora come pochi altri, tanto da renderla sempre interessante e in grado di dirci cose nuove.
Questo perché riesce ad associare la nostalgia a una capacità che è tutta sua e di pochi altri: la capacità di raccontare, rendendole interessanti, storie piccolissime, di vita vissuta, senza trame che abbiano grossi scossoni.
In Apollo 10 e Mezzo, poi, oltre a questa sua capacità già nota, c’è dell’altro. Quando il padre del protagonista, parlando di quest’ultimo con sua moglie, le chiede se, secondo lei, questi sia riuscito a vedere l’allunaggio o se in quel momento stesse già dormendo – preoccupandosi che in futuro non avrebbe potuto raccontare quella storia ai suoi nipotini – capiamo che, più che gli eventi, stiamo guardando come quegli eventi diventeranno ricordi. Più precisamente, stiamo guardando come quegli eventi, nel diventare dei ricordi, saranno influenzati dalla immaginazione, fino a fondersi con essa creando qualcosa di più profondo che, appunto, farà da base alla nostalgia.
E, ancora più importante, tutto questo processo, per Linklater, è nutrito soprattutto dal cinema e dalla tv, cioè dalle immagini di finzione di cui ci nutriamo che, in futuro, saranno la cornice dei nostri ricordi, rendendoci impossibile distinguere i confini tra realtà e finzione.
Per questo, Apollo 10 e Mezzo mi sembra, prima di tutto, una grande lettera d’amore al cinema e alla serialità televisiva, soprattutto fantascientifica, di cui lo stesso Linklater si sarà nutrito voracemente da bambino.

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