I dolori di Richie Finestra / 20 Aprile 2016 in Vinyl
Prima stagione
Ricostruzione d’ambiente goduriosa, colonna sonora così ricca e variegata da risultare felicemente soffocante, belle facce tra gli attori, pilot firmato Scorsese foriero di grandi fascinazioni.
E poi?
Più o meno, basta.
Manca all’appello un elemento fondamentale: una sceneggiatura capace di appassionare.
Mi spiego: preso il primo e l’ultimo episodio della prima stagione, ciò che vi galleggia in mezzo è poco più di un mero riempitivo. Guardate e valutatene tutti.
La trama criminale, i problemi di Finestra con la moglie scontenta, le strambe difficoltà della casa discografica, l’aspirante talent scout che scova una banda di ribbbelli protopunk sono tutti elementi che girano a vuoto: c’è scarsa progressione narrativa, la storia sembra sempre inchiodata al palo, tra enormi sniffate di cocaina e incontri con sosia di personaggi famosi (il miglior tête-à-tête, forse, è quello con Elvis, dipinto in maniera impietosa, con un guizzo caustico e quasi demistificatorio che sarebbe stato bello ritrovare spalmato in maniera costante lungo tutta la stagione).
Bobby Cannavale è credibile, si spreme come un limone per mettere in scena la fatica del suo Richie Finestra nel fare ordine in una vita complicata: gli scoppiano le vene e gli occhi gli schizzano fuori dalle orbite, ma tanto daffare somiglia alla condanna eterna di Sisifo.
Dove vuole arrivare Vinyl? La descrizione della scena musicale newyorkese del periodo, così variegata, prodromica, in perenne ebollizione mi pare riuscita a metà: non è mio desiderio assistere ad una docufiction, sia beninteso, ma, purtroppo, duole percepire un contesto così esplosivo solo come uno sfondo affascinante delle storie(lle) estreme di Finestra.
Anche se, nei minuti finali, l’ultimo episodio della prima stagione apre qualche spiraglio “evolutivo”, temo che la mia “brama di brio” sia vana.
Dico fin da ora che spero di essere smentita dalla seconda stagione.
Voto prima stagione: 5
