Recensione su Trash

/ 20146.758 voti

e mezzo / 5 Dicembre 2014 in Trash

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Diretto dal britannico Stephen Daldry, nonché tratto dall’omonimo romanzo scritto nel 2010 da Andy Mulligan, Trash è un film che ripercorre la vita nelle favelas di un trio di ragazzini brasiliani. Trash è la storia di tre quattordicenni che sopravvivono arrangiandosi, grazie allo smistamento dei rifiuti trovano quel poco che basta per andare avanti giorno dopo giorno. La loro quotidianità procede in questa eterna routine finché un giorno Rafael, il protagonista indiscusso dell’opera, trova nella discarica un portafogli che contiene denaro, una chiave, un’immagine di San Francesco ed una foto con alcuni numeri sul retro. Subito dopo la polizia entra in modo prepotente nelle favelas alla ricerca del portafogli e del suo contenuto. I poveri orfani costretti a vivere in mezzo all’immondizia rifiutano una ricompensa per consegnare l’oggetto da loro ritrovato nella discarica pur di far luce sul mistero che lega l’oggetto sospetto. Invischiati in un gioco più grande di loro, dietro il portafoglio perduto si cela un intrigo politico che coinvolge il futuro sindaco di Rio, i ragazzi si trasformano in giustizieri pronti a tutto pur di punire il politicante corrotto e portare un barlume di speranza in un Brasile distrutto dalla fame e dalle ingiustizie sociali. Dopo Billy Elliot, The Hours e The Reader, l’interesse del regista è piombato sulla straordinaria storia di tre minorenni che passano dal rovistare spazzatura in una discarica a fuggire dalle forze dell’ordine.

Veloce, strafottente, provocatore, il trio capeggiato dall’idealista Raphael verrà ostacolato dalla polizia in più occasioni. Due sono i temi che ricorrono più spesso nell’opera: quello della corruzione all’interno della classe politico-dirigente brasiliana e quello della sfiducia verso le forze dell’ordine. L’aggressività con cui i tutori della legge cercano di risolvere il caso lascia lo spettatore occidentale annichilito. Stephen Daldry quindi cavalca appieno quel senso di sfiducia, di disagio, legato alla crescita esponenziale dei costi legati alla Coppa del Mondo di calcio, prima, e della prossima Olimpiade, poi. Le critiche mosse alla politica per aver indirizzato ingenti somme di denaro in infrastrutture poco utili rispetto ai servizi di prima necessità vengono raccolte dal regista ed inserite in Trash. Non vi è spazio per il Brasile da cartolina, il film con realismo porta lo spettatore nelle favelas, ci si muove tra le discariche, fra raccoglitori di immondizia che campano sui rifiuti.

Attraversato da colori caldi, una regia brillante, un montaggio serrato, una trama alternante momenti di stasi a quelli adrenalinici, caratterizzato da una serie di flashforward, e soprattutto un’ottima fotografia che cattura appieno gli sforzi parkourisitici del trio, Trash nel suo voler intrattenere lascia lo spettatore con una serie di domande. L’opera è ricca di pregi e possiede un unico grande difetto, quello di calcare un po’ troppo la mano sull’emotività. I personaggi sono contrapposti alla Polizia, rappresentata in modo negativo come un’organizzazione senza scrupoli, ma non è questo il problema del film. La loro fede, il senso del dovere, l’amicizia che li lega e la provenienza comune, la loro innocenza e sete di giustizia, i protagonisti faranno breccia nei vostri cuori eppure quella realtà degradata rappresentata in Trash è osservata e denunciata da una troupe angloamericana. Con molta probabilità se dietro la macchina da presa ci fosse stato un regista del posto si avrebbe avuto una seconda parte dell’opera ben diversa. Non è un caso se il film presenti un finale degno della miglior produzione hollywoodiana, il quale allevia l’animo dello spettatore convinto nella possibilità di un miglioramento delle condizioni degli abitanti delle bidonville.

DonMax

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