Recensione su Gli spiriti dell'isola

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Dramma bellico / 13 Febbraio 2023 in Gli spiriti dell'isola

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Non ho capito perché, ai Golden Globe e in generale, questo film sia stato presentato come una “commedia”.
Perché, in realtà, Gli spiriti dell’isola è un dramma fosco e perturbante che, seppure muova al sorriso acido in alcuni suoi passaggi grotteschi, non fa ridere, per niente.
Anzi, a me ha lasciato addosso un vago disagio di cui avrei fatto volentieri a meno.

McDonagh riporta sullo schermo i collaudati Brendan Gleeson e Colin Farrell, la coppia di attori del suo primo fortunato lungometraggio, In Bruges (2008, e, en passant, secondo me, il ruolo ottenuto nel film di McDonagh ha giovato tantissimo alla crescita artistica di Farrell).

I due protagonisti, Colm (Gleeson) e Pádraic (Farrell), sono amici di lunga data che vivono una esistenza ultralineare in un villaggio immaginario su un’altrettanto fittizia isola irlandese (all’epoca della guerra civile). Tutto sembra rigorosamente immoto e uguale a se stesso, in un mondo dai tratti fortemente ancestrali, finché, un giorno, Colm decide che Pádraic “non gli va più a genio” e interrompe ogni rapporto con lui.
Al posto di Pádraic, ci sarei rimasta male anch’io, ci mancherebbe.
E Pádraic non si dà pace: vuole capire perché Colm, l’amico di una vita e tante pinte di birra, non vuole più trascorrere il (tanto) tempo libero con lui.
Però, quando Colm glielo spiega, lui resta ancora più interdetto (e, per esprimere lo stupore e il dolore di Pádraic, le sopracciglia di Colin Farrell finiscono per raggiungere inclinazioni assurde, quasi parlano in vece di Farrell ed esprimono perfettamente i sentimenti di Pádraic, una roba incredibile e un po’ impressionante).
Tutto questo trasforma Pádraic. O, forse, rivela ciò che ha sempre covato nell’animo, più o meno consapevolmente.

Gli spiriti dell’isola è un dramma bellico. E non perché mostra, in lontananza, i botti e i fuochi del conflitto civile irlandese (1922-1923).
Il film di McDonagh sembra voler parlare della facilità con cui l’Uomo sia incline al fratricidio e, in questo senso, ha un afflato quasi biblico.
Colm è Abele, Pádraic è Caino: sono personaggi archetipici.
Colm e Pádraic non sono fratelli, ma il contesto in cui vivono li ha avvicinati per molto tempo, rendendoli tali, volenti o nolenti.
Il fatto è che, se la famiglia non si può sceglierla (vedi, lo sfortunato Dominic del bravo Barry Keoghan, vittima del padre violento), in genere, si ha facoltà di selezionare gli amici. Colm si rende conto che ogni individuo ha questo potere e ne approfitta.
Invece, Pádraic non riesce a concepire una simile libertà d’azione e, con stolta e apparentemente tenera caparbietà (come quella della sua asinella che insiste per entrare in casa, nonostante i rimproveri), vuole limitare le scelte di Colm, perché teme per sé, per la propria serenità e la sussistenza delle sue abitudini.

Ammetto che ho faticato ad accettare razionalmente le azioni dei personaggi, in particolare quelle di Colm, e, ancora adesso, non sono sicura di aver afferrato davvero il film.
Dopotutto, però, ogni guerra è irrazionale, a partire proprio dal presupposto che (vedi, l’Irlanda del film e, per esempio, Russia-Ucraina ora) a uccidersi siano persone che hanno sempre condiviso spazi, cultura, cibi, sangue.
Gli spiriti dell’isola è una parabola che, forse, esagera con il simbolismo spinto. Però, rientra appieno nel solco della narrativa di McDonagh (da cui, in questo caso, mi sento di escludere 7 psicopatici, 2012), con i suoi protagonisti testoni, scomodi, sgradevoli, poco lineari, inopportuni e situazioni in cui il principio di causa-effetto è la regola aurea.

Non posso dire che il film mi sia piaciuto, benché abbia trovato ottime le interpretazioni degli attori, la qualità dei reparti tecnici (fotografia, colonna sonora, costumi, scenografie), la capacità di McDonagh di affrontare con una scrittura molto personale complessi argomenti di natura morale.
Come dicevo, mi ha lasciato appiccicata una sensazione decisamente sgradevole.
Ma, in fondo, fa quel che fanno tutti i conflitti, da quelli condominiali agli internazionali: turbare.

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