Recensione su Tenet

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Il problema di Tenet / 31 Agosto 2020 in Tenet

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

C’ho messo un po’ a capire quale fosse il problema di “Tenet” e perché (nonostante l’amore incondizionato che nutro per Nolan su cui di certo si sarebbero riversati i miei bias nel giudicarlo) il film, in fin dei conti, non mi fosse piaciuto.
Al solito, leitmotiv tematico del film, come per tutta la filmografia del regista, è il tempo. Con “Tenet” il tempo diventa nuovo materiale di traduzione per una tecnica cinematografica, come sempre, spettacolare: ora Nolan ci propone riprese rewind unite nella medesima sequenza a riprese lineari, giustificandosi con poche ma (forse) sufficienti spiegazioni riguardo entropia inversa dell’energia e, di conseguenza, della materia. Fermandoci un attimo, è qui il primo, anche se non decisivo, problema di sceneggiatura. Se “Memento” fratturava il montaggio in luogo della perdita di memoria a lungo termine del protagonista, e “Inception” creava paradossi narrativi grazie all’escamotage onirico, in “Tenet” la sospensione dell’incredulità cinematografica è più difficoltosa, perché la distorsione temporale non gioca più sulla distorsione percettiva che noi umani esperiamo del tempo, ma diventa un nuovo paradigma della fisica del mondo reale.
Eppure, già con “Interstellar” Nolan si inerpica in questo difficile scenario, con l’accortezza però di portarci fuori dal nostro campo di competenza, lanciandoci nello spazio siderale.
Tuttavia, non è questo il problema di “Tenet”. Il problema di “Tenet” è la pochezza dei legami umani che si dispiegano al suo interno. Tutto, in “Inception” ci riporta ai legami umani: Il trauma profondo che Cobb coltiva riguardo sua moglie Mal; il rapporto edipico che intercorre tra Robert Fischer e suo padre; il movente affettivo di Mr. Saito; tutto questo si fonde nella psiche interindividuale e condivisa del sogno collettivo.
In “Tenet” quali sono i rapporti umani? Purtroppo, l’unico di cui rimane una pallida traccia emotiva è quello tra il Protagonista e Neil (Robert Pattinson), di cui però ce ne viene dato conto soltanto nel finale, in pochi minuti comunque splendidamente girati. Il resto è “ingegneria del cinema”, tecniche mirabolanti di narrazioni escatologiche che hanno reso famoso Cristopher Nolan e che lo rendono agli occhi di tutti (me compreso) un genio della narrazione cinematografica, ma che da sole non bastano a lasciare un segno. “Inception” il segno lo lasciò, con “Tenet” sarà più difficile.

2 commenti

  1. Insomnium / 1 Settembre 2020

    Capisco e condivido la critica.
    Anche in Interstellar è una componente molto forte (rapporto Murphy-Cooper , rapporto Brand padre e Brand filia , rapporto tra Brand e Edmunds)
    Qui in Tenet è innegabile che risalti molto meno , ma d’altra parte se Nolan vuole continuare a sorprendere e innovare, doveva concentrarsi sull’aspetto di “come ti modello e stravolgo il tempo adesso? dopo che l’ho fatto già 2 volte? “(non includo Memento…è più un gioco di montaggio che di distorsione temporale)
    E ha messo in secondo piano l’aspetto umano : il Protagonista stesso (P maiuscola…) già per il fatto che non ha nome e cognome , da un senso di freddezza e solitudine, al contrario di Cobb e Cooper.
    E sul fatto che Inception ha lasciato il segno…beh, è stato il primo:ovvio che ha lasciato il segno. Anche Interstellar in certe scene sapeva un pò di dejavu , è per forza cosi, pur essendo un capolavoro strepitoso come il predecessore.
    Tenet – per forza di cose – non poteva sorprendere più di tanto: tutti sapevamo bene o male COSA avremmo visto(giochi e distorsioni temporali) , era il COME (inversione del tempo) che aveva il compito di soprenderci.

    • Joel / 2 Settembre 2020

      Tutto vero quello che dici, ma se togli l’aspetto umano (e non parlo solo dell’importanza degli affetti, ma della motivazione all’azione che ha profonde basi psicologiche che Tenet ci nega) è come se mancassero le fondazioni del palazzo. Inception lo porto in memoria (così come Shutter Island, per parlare di un film per certi versi simile) perché mi racconta una realtà psicologica che si traduce in una percezione distorta e unica, e in un certo senso costituisce una possibile realtà, nonostante tutti gli artifici. Tenet, oltre a non legarti empaticamente con nessuno dei personaggi, Ti nega la possibilità di riflessione post-visione denunciandosi in un certo senso come mero gioco di prestigio.

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