Recensione su Siccità

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Tra Comencini e Iñárritu / 29 Ottobre 2022 in Siccità

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Con Siccità, Paolo Virzì è tornato alla regia, a 4 anni dallo sciagurato Notti magiche, e, per farlo, ha scelto una storia e una confezione che ben inscrive il suo ultimo lavoro nel filone (non troppo affollato, mi pare) di serie tv e film italiani corali, grotteschi e (apparentemente) surreali, come L’ingorgo di Luigi Comencini (1979), Il miracolo (2018) di Niccolò Ammaniti e, al di là della scansione in episodi, L’ultimo Capodanno di Marco Risi (1998, guarda caso ancora su soggetto e co-sceneggiatura di Ammaniti).

La Roma vittima di prolungata mancanza di acqua piovana è un efficace diorama della società contemporanea.
Se Siccità fosse uscito prima dell’emergenza sanitaria legata alla diffusione del COVID-19, forse, avremmo potuto gridare (miopi) alla preveggenza. Quel che compare sullo schermo, invece, se pure sia stato progettato con largo anticipo, è la pura messinscena di quel che (ci) è accaduto negli ultimi due anni: insomma, praticamente, è cronaca.

Virzì affonda le mani negli stereotipi, giocoforza (ma li gestisce con mestiere), e con un atteggiamento più giudicante che specchiante (siamo più dalle parti di Tutti i santi giorni che Ferie d’agosto), crea alcuni casi umani, a uso e consumo di una critica più o meno sferzante alle debolezze, alle mediocrità e agli egoismi più comuni.
Mi è sembrato che il gioco di scrittura (a cui hanno partecipato anche i fidati Francesco Piccolo e Francesca Archibugi e la novità del team, Paolo Giordano, co-autore del soggetto) sia lo stesso con cui Virzì ha affrontato anche la co-sceneggiatura di Tolo tolo di Zalone (2020): sfruttare una cornice “sopra le righe”, per muovere alla risata a denti stretti e, poi, mollare uno schiaffone allo spettatore. “Cosa ridi? Non lo vedi che sei tu, quello lì?”.
La storia è vecchia: la commedia all’italiana ha lavorato a fondo su questo modus operandi.
Ovviamente, Virzì lo sa e lavora in questo alveo, il suo rifugio sicuro, provando ad aggiornare la formula e a coniugarla con un gioco di incastri tipico del primo Iñárritu (inevitabilmente, Amores perros e Babel), già sperimentato con Il capitale umano (2014).
Ho trovato curioso come l’evoluzione del personaggio interpretato da Diego Ribon sia praticamente identica all’alter ego di DiCaprio in Don’t Look Up di Adam McKay (2021), tanto più che, in entrambi i casi, si tratta di “uomini di scienza”.

Siccità vanta un cast artistico molto buono e il contributo misurato ma oltremodo significativo di attori italiani di grande qualità e mestiere come Valerio Mastandrea e Silvio Orlando.
Efficace la fotografia di Luca Bigazzi, terrosa e soffocante come si conviene.

5 commenti

  1. paolodelventosoest / 8 Febbraio 2023

    Ci ho visto anche un bel po’ di Altman 😉
    Sono d’accordo, un gran bel film corale e forse la miglior allegoria sulla pandemia vista finora sul grande schermo.

  2. TraianosLive / 16 Febbraio 2023

    Nell’impianto narrativo c’ho visto molto la struttura di “Magnolia”. Tanti personaggi interconnessi per un motivo o per l’altro, il conto alla rovescia alla chiusura dell’erogazione dell’acqua tra 11 giorni, la pioggia finale e relativo simbolismo.

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