4 Recensioni su

Siccità

/ 20226.586 voti

Deludente / 14 Maggio 2023 in Siccità

Tre stalline per i due David di Donatello e il regista, l’ho visto fino in fondo solo perché ho dato fiducia a Virzì, ma a dire la verità questo non è certo il suo film migliore, per me evitabilissimo. Se invece delle stelline ci fossero state le palle invece di tre ne avrei messe due. ?

Un insolito Virzì / 9 Aprile 2023 in Siccità

Nei film di Virzì ho sempre trovato la conferma di un cinema coinvolgente ed emozionante – non a caso lo considero uno dei migliori in circolazione nel nostro paese – dunque mi è difficile ammettere che la scintilla che da tempo davo per certa stavolta non si è accesa. Virzì regala come di consueto un film che sicuramente affascina per tematica e ambientazione, un film godibile, va sottolineato, con un’idea estremamente interessante alla base, resa benissimo sullo schermo grazie anche a una fotografia “desertica” e a degli effetti speciali di tutto rispetto. Lo spettatore è trasportato in un futuro quasi certo, sebbene sia chiara l’intenzione di ricreare il contesto del presente/passato covid, e deve fare i conti con una realtà che è dietro l’angolo, fatta di problemi ambientali devastanti e le solite immutate dinamiche sociali.

Ma in questo far west romano – e a tratti sorrentiniano – si ambientano storie che a mio dire non hanno sufficiente spazio per essere apprezzate appieno, risultando non particolarmente memorabili o toccanti. I personaggi (non) esplorati sono innumerevoli e si susseguono affannosamente quasi più come comparse che come protagonisti, collegati forse dal mero gusto di farli incrociare. Seppure qualcuno riesca a spiccare di più, in primis Mastandrea, le loro storie non risultano così segnanti, sfiorando ogni tanto una banalità già vista e rivista. Alla fine del film tutto quello che rimane è la cornice e un po’ di amaro in bocca.

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Tra Comencini e Iñárritu / 29 Ottobre 2022 in Siccità

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Con Siccità, Paolo Virzì è tornato alla regia, a 4 anni dallo sciagurato Notti magiche, e, per farlo, ha scelto una storia e una confezione che ben inscrive il suo ultimo lavoro nel filone (non troppo affollato, mi pare) di serie tv e film italiani corali, grotteschi e (apparentemente) surreali, come L’ingorgo di Luigi Comencini (1979), Il miracolo (2018) di Niccolò Ammaniti e, al di là della scansione in episodi, L’ultimo Capodanno di Marco Risi (1998, guarda caso ancora su soggetto e co-sceneggiatura di Ammaniti).

La Roma vittima di prolungata mancanza di acqua piovana è un efficace diorama della società contemporanea.
Se Siccità fosse uscito prima dell’emergenza sanitaria legata alla diffusione del COVID-19, forse, avremmo potuto gridare (miopi) alla preveggenza. Quel che compare sullo schermo, invece, se pure sia stato progettato con largo anticipo, è la pura messinscena di quel che (ci) è accaduto negli ultimi due anni: insomma, praticamente, è cronaca.

Virzì affonda le mani negli stereotipi, giocoforza (ma li gestisce con mestiere), e con un atteggiamento più giudicante che specchiante (siamo più dalle parti di Tutti i santi giorni che Ferie d’agosto), crea alcuni casi umani, a uso e consumo di una critica più o meno sferzante alle debolezze, alle mediocrità e agli egoismi più comuni.
Mi è sembrato che il gioco di scrittura (a cui hanno partecipato anche i fidati Francesco Piccolo e Francesca Archibugi e la novità del team, Paolo Giordano, co-autore del soggetto) sia lo stesso con cui Virzì ha affrontato anche la co-sceneggiatura di Tolo tolo di Zalone (2020): sfruttare una cornice “sopra le righe”, per muovere alla risata a denti stretti e, poi, mollare uno schiaffone allo spettatore. “Cosa ridi? Non lo vedi che sei tu, quello lì?”.
La storia è vecchia: la commedia all’italiana ha lavorato a fondo su questo modus operandi.
Ovviamente, Virzì lo sa e lavora in questo alveo, il suo rifugio sicuro, provando ad aggiornare la formula e a coniugarla con un gioco di incastri tipico del primo Iñárritu (inevitabilmente, Amores perros e Babel), già sperimentato con Il capitale umano (2014).
Ho trovato curioso come l’evoluzione del personaggio interpretato da Diego Ribon sia praticamente identica all’alter ego di DiCaprio in Don’t Look Up di Adam McKay (2021), tanto più che, in entrambi i casi, si tratta di “uomini di scienza”.

Siccità vanta un cast artistico molto buono e il contributo misurato ma oltremodo significativo di attori italiani di grande qualità e mestiere come Valerio Mastandrea e Silvio Orlando.
Efficace la fotografia di Luca Bigazzi, terrosa e soffocante come si conviene.

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Siccità reale e simbolica / 6 Ottobre 2022 in Siccità

La Siccità pervade la Città: la città reale di Roma e la città simbolica dentro ciascun personaggio, senza distinzione di età e ceto sociale. Soffrono le relazioni: soffre la relazione con se stessi dei numerosi protagonisti e, di conseguenza, le relative relazioni che instaurano con l’altro. Che sia un partner, un padre, un figlio non fa differenza.
Ognuno sembra solo, di una solitudine che poco ha a che fare con la libertà. Prendersi cura di sè e dei legami sembrerebbe la risposta più scontata ma non qualcosa di automatico. La cura torna, però, e assume varie forme: una piantina, il proprio mondo virtuale, i propri pazienti.

I non detti pervadono la vita di più di un personaggio. Forse di tutti. Cosa comporterebbe dire ciò che sembra non poter essere pronunciato? Cosa comporterebbe scegliere, recidere i legami non genuini e dedicarsi a relazioni più autentiche?
Le storie si intrecciano come accade nella realtà. Prima in maniera sottile, gradualmente in maniera più evidente come a ricordarci quanto siamo tutti sotto lo stesso cielo, soprattutto quando non piove, quando manca l’elemento su cui si fonda la vita.
Ma cosa accadrà nel momento in cui il velo di Maya cadrà?
Tornerà a piovere su Roma o la Siccità resterà una costante?

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