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Rosemary's Baby - Nastro rosso a New York

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Metafora “satanica” a illustrare la risposta conservatrice alla crisi dei valori del periodo / 1 Marzo 2017 in Rosemary's Baby - Nastro rosso a New York

Rosemary’s Baby di Roman Polanski è un’opera particolarmente efficace come horror psicologico e che alcune considerazioni relative alla trama e alla messa in scena me lo fanno apprezzare in maniera maggiore rispetto a prodotti similari.
Una domanda sorge spontanea riguardo questo film: come mai un ateo dichiarato come Polanski decide di mettere in scena una vicenda incentrata sul concepimento dell’anticristo? Intanto il film non scioglie mai il dubbio se Rosemary sia solo la vittima di una congrega di vecchi satanisti e non del demonio in persona. Tutte gli avvenimenti “sovrannaturali” cui la donna assiste sono in soggettiva, cioè noi vediamo quello che la donna vede o crede di vedere, non quello che succede in realtà. Il film può essere visto, come un lungo incubo della donna. Su questo punto rimane sempre ambiguo.

Il film esce nel 1968, anno di fermenti sociali, di cambiamenti, di nuove consapevolezze e di rivendicazioni femministe. In questo contesto, Rosemary è una giovane donna moderna che porta i capelli corti e veste alla moda (del tempo). Lontana dalla concezione che la società americana degli anni sessanta abbinava alla donna, remissiva e sottomessa. A contrastare questa “modernità”, i luciferini vicini di casa, i Castevet. Loro sono anziani, vestono fuori moda, dopo cena gli uomini restano a discutere, mentre le donne vanno in cucina a lavare i piatti. Polanski quindi più che rappresentare il satanismo come un movimento di ribellione al cristianesimo, ce lo mostra come una sua versione alternativa ma sovrapponibile e irrisoria. Anziché costituirne l’antitesi, ne è una parodia con le medesime liturgie.
Il culto satanico del film è misogino. La cena a casa dei Castelvet sembra una celebrazione eucaristica, con tanto di agnello tra le portate. L’ingravidamento della donna avviene come “soggetto passivo per il desiderio dell’uomo e senza diritto di decidere della propria fertilità”. La gestazione è piena di complicazione, rispondendo all’idea cristiana di maternità dolorosa (“…con dolore partorirai figli”). Durante la gravidanza Rosemary patisce sofferenze che la avvicinano alle sante medievali in preda a estasi mistica provocata dal dolore. Il marito di Rosemary è come San Giuseppe, solo più consapevole e consenziente, che accetta di essere il padre putativo del nascituro. Nel momento del parto la donna riceve la visita degli adoratori, come dei “magi” evangelici con tanto di doni. Alla fine Rosemary accetta la propria condizione e regredisce man mano a uno stato infantile e asessuato, come ogni perfetto adepto a un credo organizzato. Non ha più la forza di lottare e si “converte”, si conforma a come la società la vuole, più per sfinimento fisico e psicologico che per convinzione.
Insomma nel film io ci ho visto la metafora del tentativo, fallito, di una donna di affrancarsi da una società bigotta e irrazionale. La rappresentazione del “vecchio regime” che cerca di frustare le istanze progressiste che in quel periodo venivano fuori un po’ dappertutto, anche nel mondo del cinema (siamo in piena New Hollywood e questo film contribuirà alla nascita del New Horror).
Emblematica per descrivere il periodo, la scena della foto sotto, con Rosemary che legge la copertina di un vero numero di Time (del 1 aprile 1966) con la scritta Dio è morto? Si era in un periodo di crisi delle chiese organizzate e la società cercava altri valori. Polanski ci ha mostrato la risposta conservatrice sotto forma di metafora “satanica”.
Nell’omonimo romanzo di Ira Levin, da cui il film è tratto, la questione anti-confessionale appare più marcata, mentre nel remake televisivo del 2014 è completamente assente.

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25 Novembre 2014 in Rosemary's Baby - Nastro rosso a New York

Il miglior horror che abbai mai visto. Finale terrificante. Un capolavoro

11 Luglio 2014 in Rosemary's Baby - Nastro rosso a New York

Un capolavoro d’angoscia e di orrore, uno dei migliori film horror che abbia mai visto.
Film che ricorda molto un altro capolavoro di Polanski, “L’inquilino del terzo piano”, stesse tematiche(un quartiere sconosciuto, un nuovo arrivato che fa fatica ad ambientarsi in quel luogo malsano, vicini all’apparenza amorevoli ma che sotto nascondono seconde e oscure intenzioni) e stesso senso di angoscia che ti opprime per tutta la durata del film.
Le paure di Rosemary (una meravigliosa Mia Farrow) riescono quasi a commuoverti, le paure di una donna che combatte per amore del figlio contro un mondo che sembra voler fare di tutto per distruggerle quel rapporto unico e prezioso.
La tematica del Maligno, che sarà presente anche ne “La Nona Porta”, viene affrontata con toni decisamente inquietanti e surreali.
Un film angosciante come pochi, un horror atipico, tutto giocato a livello psicologico, senza l’uso di scene a tinte forti.
Mi ha letteralmente terrorizzata quel palazzo dei misteri che sembra quasi un’entità dotata di vita propria e pronta a inghiottire chiunque vi entri, mi hanno soffocato tutte quelle continue incursioni da parte dei vicini, premure le loro tanto fastidiose quanto terribili nella loro falsa gentilezza.
Una piccola curiosità, nel film il bambino nasce non a caso il 6 Giugno del 1966 ovvero 666, che nella Bibbia identifica il numero della bestia.
Come detto meravigliosa Mia Farrow, ma una menzione va anche a Ruth Gordon, che per il ruolo della diabolica e invadente vicina vinse un meritatissimo Oscar come miglior attrice non protagonista.
Consiglio anche la lettura del libro di Ira Levin da cui questo film è stato tratto.

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Rosemary’s baby / 15 Gennaio 2012 in Rosemary's Baby - Nastro rosso a New York

Il film diretto da Roman Polanski nel 1968 è molto fedele all’omonimo romanzo di Ira Levin, autore di molti libri che sono poi finiti sul grande schermo.
Ormai datato, eppure sempre convincente, inquietante al punto giusto, con un’ottima Mia Farrow nel ruolo della protagonista, Rosemary (la donna innamorata e felice che vede il suo lieto fine trasformarsi in qualcosa di orribile, di mostruoso), ed atmosfere molto cupe, tipiche dei migliori film horror (anche se la pellicola di Polanski trascende, in parte, i confini del genere).
Molto riuscita la demonizzazione dei vicini di casa, i Castevet (Ruth Gordon, che interpretò la signora Castevet vinse anche un’Oscar per quella parte), persone apparentemente cordiali e compresive, un po’ ficcanaso, ma simpatiche, che invece fanno parte di un’unica grande congiura.
Tutta la pellicola comunica una terribile sensazione di solitudine, di disagio, che opprime non solo la stessa Rosemary, ma l’intero palazzo in cui la donna vive con il marito Guy e, forse, la stessa Manhattan.

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19 Ottobre 2011 in Rosemary's Baby - Nastro rosso a New York

Pietra miliare del regista Polanski,che realizza il suo miglior film, e probabilmente una delle pellicole più inquietanti e memorabili della storia del cinema.Grande esempio di cinema drammatico con venature horror:l’identificazione con la protagonista è totale,il senso di angoscia avvolge lo spettatore dall’inizio alla fine e lo trascina in un vortice di immagini,suoni e visioni che ricordano molto un brutto sogno.Un’aura di maledettismo avvolge il film,ma lo rende ancor più affascinante e lo conserva intatto per ogni successiva visione. Lento e cadenzato come una nenia infantile.

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