Recensione su Oppenheimer

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Una serie di ruoli / 2 Dicembre 2023 in Oppenheimer

Si ha la sensazione, guardando il film di Nolan, che Robert Oppenheimer sia stato non tanto una persona reale quanto piuttosto una serie di ruoli: il genio tormentato, ai limiti della follia, in gioventù; poi il moderno Prometeo che porta il fuoco sulla Terra; infine il martire che espia il proprio peccato avvertendo il mondo dell’incombente catastrofe e accettando senza lottare la conseguente estromissione dalle stanze del potere. Oppenheimer/Murphy pone in ciascuno di questi ruoli un’enfasi eccessiva, un’assoluta serietà, in cui i segni della più banale umanità sono quasi assenti: mi viene in mente come eccezione solo la gioia quasi infantile per la riuscita del prototipo della bomba. Va detto del resto che questo sembra corrispondere al carattere del vero Oppenheimer: ho letto molti anni fa American Prometheus, la biografia di Kai Bird e Martin J. Sherwin da cui è tratto il film, e ricordo ancora oggi di quel libro la quasi totale assenza di interesse umano: una vita ridotta alle grandi imprese compiute, a differenza di altri giganti della scienza come Einstein o Feynman, nelle cui biografie puoi trovare delle persone vere, benché non comuni. Il film di Nolan restituisce fedelmente questo aspetto, ma non sembra riconoscerlo come problematico.

Ma Oppenheimer ha anche altro che non va. Il problema principale è lo spazio spropositato assegnato alla nemesi di Oppenheimer, Lewis Strauss, la cui vicenda incornicia quella dello scienziato senza una reale giustificazione; anche le sedute della commissione che decise la revoca delle autorizzazioni di sicurezza si protraggono monotonamente, contribuendo alla durata davvero eccessiva del film. Ci sono delle cadute di gusto: Oppenheimer che si immagina nudo di fronte alla commissione assieme a Jean Tatlock (il cui personaggio, per inciso, mi è parso mal scritto e mal diretto), o la visione che sperimenta durante il discorso a Los Alamos subito dopo il bombardamento di Hiroshima. C’è uno svarione che il vero Oppenheimer non avrebbe mai commesso: nel film attribuisce a Marx la paternità del detto “La proprietà è un furto”, che invece è di Proudhon. Dal lato positivo c’è una certa epicità che si coglie nell’avvio del Progetto Manhattan; la tensione dell’esperimento di Trinity; alcune ottime interpretazioni, come il carismatico Niels Bohr di Kenneth Branagh e, soprattutto, lo straordinario Edward Teller di Benny Safdie, colto nella sua maniacale ricerca della superbomba: una persona autentica, non un’astrazione.

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