Bel film corale !! / 20 Febbraio 2014 in Piccole bugie tra amici
Tanti amici tante storie … la vita che scorre …
Nonostante uno di loro abbia avuto un brutto incidente stradale e si trovi ricoverato in condizioni molto gravi, un gruppo di amici decide di partire comunque per Cap Ferret, dove come ogni anno trascorreranno le vacanze nella lussuosa villa di Max, il più ricco tra loro: due settimane che diventeranno l'occasione per togliersi qualche sasso dalla scarpa, per sfogarsi, per venire a patti con sé stessi ma anche per farsi forza l'un l'altro...piccole bugie permettendo!
laschizzacervelli ha scritto questa trama
Titolo Originale: Les Petits Mouchoirs
Attori principali: François Cluzet, Marion Cotillard, Benoît Magimel, Gilles Lellouche, Jean Dujardin, Valérie Bonneton, Joël Dupuch, Laurent Lafitte, Pascale Arbillot, Anne Marivin, Hocine Mérabet, Louise Monot, Maxime Nouchy, Sara Martins, Édouard Montoute, Matthieu Chedid, Néo Broca, Marc Mairé, Jeanne Dupuch, Mado Mérabet, Nikita Lespinasse, Niseema Theillaud, Patrice Renson, Jean-Claude Lagniez, Jean-Claude Cotillard, Pierre-Benoist Varoclier, Benoît Petitjean, Paula Garcia, Mostra tutti
Regia: Guillaume Canet
Sceneggiatura/Autore: Guillaume Canet
Fotografia: Christophe Offenstein
Costumi: Carine Sarfati, Aurore Vicente
Produttore: Alain Attal, Hugo Sélignac
Produzione: Francia
Genere: Drammatico, Commedia
Durata: 154 minuti
Tanti amici tante storie … la vita che scorre …
sembra un deja vu, ma si può vedere anche se i richiami allo stupendo “Il grande freddo” non reggono! Comunque le muscihe scelte sono bellissime! Ah, dimenticavo, un po’ troppo lungo.
Innanzitutto, è vero, questo film è troppo lungo: stare a così stretto contatto per così tanto tempo con una serie di persone, ognuna con i suoi problemi e ansie, ha un effetto straniante e non ne puoi più, alla fine, di vedere l’ennesima colazione del gruppo. Eppure forse è proprio questo che permette di scendere fino in fondo e comprendere il significato dell’operazione del regista. Infatti egli, mostrandoci molto da vicino (un vicino che dà per certi versi fastidio: la scena in cui i vecchi amici riguardano i filmini delle vacanze passate e si vede uno di loro che vomita direttamente sopra lo schermo si poteva anche evitare) la vita e le angosce di questo gruppo di persone, vuole inquadrare da vicino il disagio moderno e farcelo percepire fino in fondo. Nonostante questo, non si piange, non ci si dispera: si ride e si avanti, complici le battute disseminate qua e là che strappano il sorriso. Alla fine però scoppia il pianto, di fronte alla morte e all’inspiegabile. Tutto il resto, invece, le paure, le liti, le crisi e i disagi sono normali: non è il quadro di una generazione (non tutti gli amici hanno la stessa età) ma di una società in crisi, alla ricerca di non-si-sa-cosa, talmente vicina a noi che non ce ne stupiamo più e ne ridiamo, perchè sappiamo che dentro ad ogni personaggio c’è un po’ di noi.
Il riferimento al Grande Freddo è smaccato, ma non riesce ad essere incisivo come l’originale. Qui non c’è malessere generazionale, c’è solo spaesamento individuale. Quindi il gioco dello specchiarsi nei tipi proposti (l’arricchito iperagitato e stressato, l’egocentrico chiuso dentro un fallimento sentimentale, l’attore di piccolo successo sempre a rincorrere gonnelle, la donna che non vuole responsabilità, ma solo sesso fugace etc etc) in un certo qual modo fallisce. E’ pur vero che una operazione del genere ha senso oggi proprio perchè parla dell’individuo e dei suoi piccoli malesseri tutti cresciuti dentro se stesso (questi amici hanno condiviso qualche vacanza e forse anche altro, ma è come se non fossero una generazione, è come se non ci fosse collante fra di loro, non c’è sfondo), perchè il massimo della polverizzazione della solitudine del singolo si esacerba nel fallimento sentimentale per l’appunto o poco altro. C’è insomma il vuoto attorno fra le storie che si intrecciano (forse rivedere saturno contro aiuterebbe, mi sembra più vicino al film italiano) e lo schiaffo passeggero a tanto cinico egocentrismo nasce solo dalla saggezza del più vecchio, quello legato al ritmo di vita non cittadino, un po’ scontato e consolatorio, prevedibile (come molte altre scelte fatte in sceneggiatura prima fa tutte la donna che rimane incinta senza volerlo e per questo motivo si pensa che troverà equilibrio, la maternità in Kasdan era una scelta forte e consapevole).
E poi due ore e mezza! Non se ne poteva più, troppo lungo, alla fine li odi tutti per sopraggiunta noia
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