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La proprietà non è più un furto

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Nevrosi del denaro / 7 Giugno 2023 in La proprietà non è più un furto

Terzo e ultimo capitolo della cosiddetta Trilogia della nevrosi (potere, lavoro e denaro) diretta da Elio Petri. Se i primi due capitoli sono saldamente ancorati nei personaggi interpretati da Gian Maria Volontè, questo invece è capeggiato da vari personaggi (protagonisti e non) di diversa posizione sociale: dal giovane impiegato al rigido brigadiere e dal ricco macellaio alla sua amante. Personaggi illustrati egregiamente e messi allo sbaraglio attraverso dei monologhi ipnotici e surreali a tu per tu con lo spettatore, in cui non si salva proprio nessuno. Come narrazione però soffre in diverse parti, troppo dispersiva e a tratti soporifera soprattutto verso metà film con l’entrata in azione del ladro Albertone (Mario Scaccia), per poi riprendere solamente nei minuti finali.
Ottimo quindi nella messa in scena ma carente nell’intera costruzione, resta il fatto che rimane un film rilevante nella carriera di questo Signor regista anche se il meno rinomato della trilogia.
Da ricordare, oltre ai monologhi, i titoli di testa con le musiche soffocanti di Morricone e l’orazione finale di un giovane Gigi Proietti, alias Paco l’argentino.

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25 Ottobre 2014 in La proprietà non è più un furto

Lungometraggio affetto da ‘pasolinite’: cede sotto il peso della sua stessa costruzione ideologica. Nero, grottesco, tremulo, non offre appigli, grazie alla sapiente collaborazione di fotografia, musiche, prova degli attori. Molto interessanti i monologhi che punteggiano il fluire dell’ azione, accentuando però il senso di ridondanza disordinata che pervade il film.

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Io non ho. Tu non hai. Egli ha. / 13 Marzo 2014 in La proprietà non è più un furto

Petri affronta nella maniera più torbida finora conosciutagli le ossessioni del denaro, del potere e del sesso: l’allucinato rag. Total è simulacro dell’uomo contemporaneo animato in maniera compulsiva dalle proprie pene e dai propri odi, al punto da non distinguere più obiettivi e desideri, in una spastica propensione al delitto priva di concrete finalità.
Ho trovato che anche il film, strada facendo, smarrisca parzialmente la strada, attorcigliandosi su sé stesso, esacerbando le metafore.

Tognazzi è correttamente laido, ma il romanesco non è completamente nelle sue corde.
Bucci ha la presenza scenica adeguata per incarnare l’alienato mentale affidatogli, ma non sono riuscita a non pensare, per tutta la durata del film, quanto forte sia la sua somiglianza con Diego Milito e così…

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