Recensione su La storia della principessa splendente

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L’agrodolce della mortalità. / 1 Marzo 2015 in La storia della principessa splendente

Kaguya, la storia della principessa splendente, non è solo il titolo dell’ultimo lavoro del maestro Takahata, trasposizione dal classico sapore agrodolce di un popolare racconto giapponese; è anche e soprattutto un intenso e struggente ritratto di un gergo distintivo, che a lungo ha rinchiuso ( e forse continua a rinchiudere ) la donna in una sorta di etichetta comportamentale.
Della fiaba, infatti, oltre a coglierne le importanti morali, si può chiaramente evincerne i propositi, fulgidi intenti non lasciati ai margini del contesto folkloristico.
Kaguya, letteralmente notte splendente, rappresenta l’elemento estraneo di un archetipo costruito in larga misura come antitesi del concetto di umanità, e quindi estraneo ai suoi atti di crudeltà ed egoismo. Un sistema ”divino”, che il volgo ha definito tale per allontanarlo dalla connotazione umana. Eppure nel suo personaggio, caratterizzato da una bellezza preternaturale, non si possono riscontrare tali tracce, delineandosi come celestiale figura in bilico fra deità e mortalità. La stessa che si cela nelle cose semplici, nella natura che amplia le nostre prospettive, donandoci l’ebbrezza di essere vivi.
E così, oltre le regole, oltre le norme, vi è un chiaro disegno di felicità, che vuole essere costruito in base alle leggi del cuore.
Kaguya, come ai suoi tempi ( ghiblicamente parlando ) Nausicaa, è femminilità nella sua più verace essenza, indole coraggiosa che rinnega ogni concetto di appartenenza, per delinearsi come fulgida stella in grado di illuminare anche la notte più oscura.
Il rimpianto, il dolore per non aver vissuto ogni istante, il doversi scontrare con l’odio e l’indifferenza della gente, non è che il prezzo da pagare per tale mortalità. Il prezzo per il quale si paga ogni emozione. E sebbene ogni aspetto sia rilevante, dal particolarissimo stile di disegno, all’arcana aura di magia a mo’ di carboncino che ne tratteggia i contorni, tutto si fa piccolo dinanzi alla struggente bellezza di un personaggio così ricco di sfumature, che ne fa ( almeno a mio avviso ) il più grande e vivido esempio di raggiante femminilità descritta in un’opera di animazione.

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