Recensione su Joe

/ 20136.750 voti

il 10 è per Cage / 15 Settembre 2015 in Joe

JOE è un film diretto da David Gordon Green. Ambientata in Texas, terra sempre cara al regista, l’opera brilla sia per la regia, sia per la trama, vanta un Nicolas Coppola Cage sublime. Sarà che sto crescendo, sarà che ultimamente mi sono visto e rivisto alcuni film con il premio Oscar per Via da Las Vegas ma sto rivalutando questo attore. Lo spettatore medio quando sente parlare di Nick impazzisce, si risparmia le gentilezze per darsi alle prese per il c**o più gratuite. Troppo spesso ci si nasconde dietro al cinismo e ad un pizzico di invidia dimenticando quanto questo personaggio abbia dimostrato le sue doti recitative lavorando, per citarne alcuni, con registi del calibro di Martin Scorsese, Joel Schumacher, David Lynch, Francis Ford Coppola, John Woo, Werner Herzog..È innegabile, non sono qui a vendervi fumo, ha fatto film pessimi ma in Joe la discutibilità artistica dei ruoli recenti viene adombrata dall’energia che trasmette il suo personaggio. Badate, non è solo Cage ad essere perfetto: la regia, la trama, gli attori tutti sono fantastici. E la cosa bella sapete qual è? Che è Cage a reggere tutto. Il suo personaggio ha un carattere complesso, è un uomo violento che vive in un ambiente violento e che per sopravvivere usa la violenza. La sua vita è fatta di piccole cose: un pompino in un bordello improvvisato; una birra al bar del paese; l’eterno conflitto con l’autorità. Eppure nel suo essere un violento, JOE, non è cattivo. Joe conosce sé stesso e proprio per questo cerca di non dar retta al suo istinto, cerca sempre di controllarsi, c’è qualcosa che ricorda la filosofia di Sun-Tzu in Joe.
Il rude texano interpretato da Cage è un boscaiolo che in passato è stato in galera e che oggi cerca di star lontano dai guai. Fa il boscaiolo, taglia gli alberi o come direbbe lui “li uccide”, usa regolarmente alcolici, abusa delle sigarette, frequenta il bordello locale di tanto ma fondamentalmente la sua vita è abbastanza lineare e prosegue giorno dopo giorno dividendosi fra casa e lavoro. Non cerca la rissa, è la rissa che cerca Joe. Il motivo per cui è finito in galera infatti è legato alla legittima difesa e ad un poliziotto che aveva visto in Joe una specie di rivale in amore. È Con Air versione tragica. Un giorno si presenta al suo cospetto Gary, interpretato da Tye Sheridan che con questa prova si aggiudica il Premio Marcello Mastroianni alla 70a Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, quindicenne in cerca di lavoro con un padre padrone alle spalle che lo sfrutta. Gary non cerca solo lavoro, cerca una figura paterna da sostituire a quella di Wade interpretato dal senzatetto Gary Poulitier. Gary Poulter, un barbone che viveva per le strade di Austin, è stato in grado di recitare la parte di un violento alcolizzato nel migliore dei modi. Il fatto di aver personaggi presi dalla strada, in tutti i sensi, va solo a vantaggio dell’opera che risulta ancor più vera, ancor più viva e sempre vicina allo spettatore. Wade possiede anche la madre e la sorella di Gary e per le continue vessazioni quest’ultima, da anni, non proferisce parola. Joe apprezza la voglia di lavorare del giovane e il giovane apprezza la forza ed il carisma di Joe, che è stimato dai suoi lavoratori e temuto dai brutti ceffi del villaggio. Ecco, principalmente JOE è la storia di un padre e di un figlio: c’è un figlio che vorrebbe un padre (Joe) perché quello che lo ha cresciuto è un disadattato, un alcolizzato, un reietto; c’è un padre che tortura la famiglia, quindi JOE è un dramma, poi c’è Joe-Coppola che si erge a difensore della famiglia e poi, solo poi, arriva tutto il pragmatismo tipicamente americano (se una cosa si deve fare la si fa al meglio e al più presto possibile), il Texas e qualche scena d’azione con sangue e pallottole. È quando il padre di Gary irrompe in casa e ruba i soldi accumulati dal figlio, oltre ad aggredirlo violentemente e quando, successivamente, rapisce sua figlia per farla prostituire che la violenza di Joe scoppierà neanche fosse una bomba H distruggendo tutto quello che ha attorno. L’happy ending non c’è, il film resta un dramma molto profondo, molto umano, in un film la cui forza sta nell’analizzare il marcio del quotidiano. Joe ha praticamente tutto quello che serve ad un film per essere grande: il rapporto padre-figlio; l’espiazione dei peccati; la redenzione; la violenza; la durezza e la sensibilità; personaggi riusciti e ben caratterizzati; una trama solida. Con Joe, Cage, vola alto, personalmente un ruolo così riuscito per Nick non lo ricordavo dai tempi de Lord of war (o del già citato Il cattivo tenente), il suo personaggio è pieno ed oscilla in più occasioni fra ciò che giusto e ciò che è sbagliato, è un anti-eroe con un cuore grande, disposto a tutto pur di aiutare chi è in difficoltà.

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