Recensione su Il capitale umano

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12 Gennaio 2014

Alla base del nuovo film di Virzì c’è lo Human Capital scritto da Stephen Amidon.
Anche se nel romanzo originale si parlava del Connecticut, il regista livornese ha plasmato la storia su una realtà italiana, quella della Brianza. Scelta che gli è costata non poche polemiche, oltre che un paio di insulti (immotivati, a mio avviso) da parte di alcuni Leghisti.

Un thriller spezzettato e diviso in quattro capitoli (Dino, Carla, Serena e Il capitale umano), che verrà ricostruito man mano dalle voci dei suoi protagonisti. Emblematici e disgraziati personaggi di cui il nostro Paese pullula da decenni.

Il capitale umano non è altro che un affresco acuto e amaro di una realtà che ci appartiene (o che ci dista di pochi anni, se guardiamo indietro), di un Paese ormai sull’orlo dello sfascio, divorato dall’interno dai suoi stessi abitanti. Stupidi e avidi parassiti umani. Un film che parla sapientemente di velleità, di ascesa sociale e di voglia di arricchirsi facilmente; spregevoli ambizioni adulte contrapposte a quelle dei più ingenui e meno corrotti ragazzi, che più che al denaro, si preoccupano dell’amore. E di somigliare il meno possibile ai proprio genitori.

Uno spaccato di vita vera che racconta l’emozione con un forte realismo (tipico di Virzì), che non potrà non farci riflettere su cosa siamo diventati.

Peccato solo che la figura cardine del ciclista, unica vera vittima della storia e collante delle tre storie parallele, sia stata rilegata ad una comparsata di pochi secondi. Era lui l’unico, secondo me, che meritava attenzione.

Con un cast d’eccezione in cui spopolano Fabrizio Gifuni, perfetto in tutto il suo disgusto e Valeria Bruni, Virzì si aggiudica il primo film 2014 decente di casa nostra, lasciandoci abbandonare la sala col lo stomaco sottosopra, data la morale giusta, squallida e disgustosa (che il nostro Paese di merita) racchiusa nelle scritte degli ultimi secondi. “Una chiusa dedicata a tutti quelli per cui la “crisi” in Italia è solo finanziaria.”

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