Recensione su Minari

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Il sogno americano nella sua più genuina forma / 21 Marzo 2021 in Minari

Cavalcando l’onda ‘’hallyu’’ che ha portato, dopo ‘’Parasite’’, il cinema coreano a occupare un posto di rilievo nel panorama cinematografico contemporaneo, ‘’Minari’’, scritto e diretto da Lee Isaac Chung, e con protagonista l’ormai ex Glenn di ‘’The Walking Dead’’ Steven Yeun, riesce a imporsi per la sua leggerezza, sia per i suoi toni ‘’indie’’ che sfumano nel drammatico, sia per la capacità di rappresentare il sogno americano nella sua più genuina forma.
Uno spaccato di vita familiare ( e rurale ) ai tempi dell’edonismo reaganiano che incarna il verace spirito della speranza, con tutti i crismi di due diversissime culture.
Un labile contrasto tra aspirazioni e costumi che sfocia in un displuvio di vedute e idee che hanno il classico sapore del confronto.
il dialogo, prevalentemente coreano, troneggia come fonema in balia delle emozioni, rimanendo al contempo un porto sicuro. Quasi una seconda terra dove rifugiarsi.
La colonna sonora firmata da Emile Mosseri, che rende ancor più vera la sceneggiatura ( nata come biografia dello stesso regista ), si fonde con la fotografia in un susseguirsi di riverberi e prospettive che contestualizzano il sentimento di rinascita del protagonista, e della sua famiglia.
Steven Yeun, dopo ‘’Burning – L’amore brucia’’ offre un’altra intensa interpretazione, così come la bellissima ed eterea Han Ye-ri, qui alla sua prima esperienza in un film americano ( anche se lo spacciano per straniero ), ma è l’eccezionale Youn Yuh-jung a incantare la platea, con la costruzione di un personaggio che sembra uscito da un ‘’dorama’’ di stampo quasi neo-realista.

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