Recensione su Rasen

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Un sequel da dimenticare / 21 Marzo 2020 in Rasen

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Purtroppo Rasen (Spiral) è un sequel da dimenticare. Uscito lo stesso anno di Ringu, il film fu un flop commerciale tanto che si decise di fare un nuovo sequel (Ringu 2) con una nuova sceneggiatura che si distaccasse da questa.
Questa sceneggiatura segue infatti più o meno fedelmente il sequel letterario di Ringu, ovvero Rasen (Spiral) scritto sempre da Kōji Suzuki.
Il film si svolge il giorno dopo degli accadimenti del film precedente. Il dottor Mitsuo Ando, amico del defunto Ryûji Takayama, deve eseguire l’autopsia su quest’ultimo, trovando all’interno del suo stomaco un misterioso biglietto con un codice da decriptare. In seguito viene a conoscenza di una misteriosa cassetta che uccide chiunque la guardi dopo 7 giorni. Il dottore con istinti autolesionisti e suicidi dopo la morte del figlio, guarda noncurante la cassetta, salvo poi pentirsene quando scopre che la maledizione a lei legata è reale.
Reiko Asakawa e suo figlio Yoichi muoiono in un incidente e il diario di lei viene trovato da un collega. La maledizione sembra estendersi dalla cassetta al diario di Reiko attraverso la scrittura. La storia prende allora una piega ancora più surreale e paranormale, tra storie d’amore, clonazioni e parti lampo.
Se ho apprezzato la regia e la fotografia di Joji Iida, regista del primo adattamento di Ringu per la televisione nel 1995, non posso dire lo stesso della sceneggiatura e del film nel suo complesso che delude ampiamente le aspettative dello spettatore. Gli spunti interessanti ci sono, ma sono più quelli che fanno storcere il naso. Anche qui non aspettatevi una larga presenza di Sadako. E’ quasi del tutto assente durante il film e la cassetta maledetta sembra solo un pretesto per far scorrere un film che più di un horror sembra un thriller con pieghe sentimentali.

Voto: riesce a raggiungere forzatamente la sufficienza. 6

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