Recensione su Lincoln

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Paradossalmente affascinante / 22 Marzo 2018 in Lincoln

Se qualcuno vi proponesse di andare a vedere un film che esplora nel dettaglio, per due ore e mezza, le macchinazioni di un politico di 150 anni fa volte a ottenere una certa modifica alla costituzione del suo paese, con l’attore protagonista che parla in un tono troppo acuto, cosa rispondereste? Probabilmente che un impegno improvviso vi trattiene a casa. E forse vi rimarrebbe qualche dubbio anche se vi spiegassero che il film in questione parla di Abramo Lincoln, che l’emendamento costituzionale è il tredicesimo, quello che ha abolito la schiavitù negli Stati Uniti, che il protagonista è Daniel Day-Lewis e il regista Steven Spielberg. Ma fareste male, perché malgrado l’argomento improbabile il film ha uno strano fascino: la grandezza di Lincoln, paradossalmente, emerge con forza ancora maggiore, pur mentre ci viene mostrato per quello che effettivamente era: non un santo laico ma un politico consumato, pronto a tutto (o quasi) pur di realizzare i suoi alti disegni; non una figura augusta, ma un uomo con qualche bizzarro manierismo.
E a questo motivo di interesse si aggiunge il ritratto fedele di un passato che non è una copia un po’ alterata del presente, come avviene in troppe ricostruzioni hollywoodiane, ma che davvero appare come “un paese straniero”, un mondo sporco, alieno, dalle strane usanze, eppure – altro paradosso – così umano e vicino. E ancora: la recitazione quasi teatrale, e le trovate di un grande regista: Lincoln che litiga con uno dei suoi ministri, ma quando il telegrafo inizia a ticchettare una notizia di grande importanza i due, in attesa di conoscerla, si prendono per mano; Robert Lincoln sul calesse, perfettamente inquadrato dalla porta dell’ospedale; e così via.

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