Recensione su La collina dei papaveri

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Di padre in figlio / 17 Dicembre 2013 in La collina dei papaveri

Animazioni ottime, anche se siamo lontani dagli ambienti fiabeschi che lasciavano a bocca aperta dei vari Ponyo Sulla Scogliera, La Città Incantata e via dicendo. Sebbene la storia ricordi, come detto durante il film da Shun il più “classico degli sceneggiati di terz’ordine”, l’atmosfera rilassante di quotidianità, l’ambientazione scolastica, gli intrecci tra i vari personaggi, e le caratterizzazioni di questi ultimi, rendono il film tutto sommato un ottimo prodotto. Aggiungeteci le musiche (qui non affidate al classico Joe Hisaishi bensì a Satoshi Takebe), che spaziano positivamente dallo strumentalismo del pianoforte al sax, passando poi per il clarinetto e la fisarmonica.
La collaborazione tra Gorou e Hayao, tra padre e figlio. Il vecchio e il nuovo che si fondono insieme. Il primo che dà la spinta al secondo per balzare in avanti. L’innovazione che arriva grazie all’esperienza del passato. La tematica più marcata nella pellicola, manco a farlo apposta.
La mancanza di molti dei canoni abituali dello studio, come ad esempio il rapporto con la natura, rendono La Collina Dei Papaveri uno di quei film meno vicini al collaudato “classicismo ghibliano”.
Ma non per questo lo rendono un pessimo film.

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