Recensione su Argo

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31 Ottobre 2013

Di solito é la vita che entra dentro Hollywood.
Nella vicenda dell’assalto all’ambasciata americana a Teheran del 1979 e di come la CIA riuscì nella disperata impresa di liberare una parte degli ostaggi (che erano riusciti a rifugiarsi a casa dell’ambasciatore canadese), é invece Hollywood a entrare dentro la realtá.
La storia ha dell’incredibile, eppure andò proprio (o quasi) come viene descritto nel film: la CIA mise su una finta produzione hollywoodiana, arrivando a convincere gli iraniani che alcuni produttori canadesi si erano decisi a girare un film di fantascienza a Teheran, portando via loro da sotto il naso 6 ostaggi, fatti passare per membri della produzione che erano venuti a fare un sopralluogo per la location.
Nella sceneggiatura però gli americani (che proprio non sanno resistere alla tentazione di spettacolarizzare qualsiasi cosa) romanzano parecchio le cose per creare maggiore suspence (il salvataggio sembra concretizzarsi per il rotto della cuffia, ma non andò affatto così). Non sono le uniche inesattezze presenti nella pellicola (ad esempio non é vero che i 6 furono respinti dalle ambasciate britannica e neozelandese: la cosa fu un tantino più complicata); né le uniche omissioni (per dirne qualcuna, Mendez non andò da solo a recuperare i 6; inoltre viene sminuito il ruolo dei canadesi, che invece fu assai importante).
A parte ciò, il profilo storico è comunque trattato con insolita schiettezza, senza risparmiare (soprattutto nella parte iniziale) critiche pesanti alla gestione di certe vicende da parte della CIA (aver messo al potere in Iran lo sciah di Persia, che massacrò la sua gente per poi fuggirsene con un aereo carico di lingotti d’oro).
Forse, però, perché si preparava un finale riconciliante, in cui gli Usa ne escono, come al solito, nella qualitá di buoni che alla fine districano le matasse anche più intricate.
Del resto però, se l’intenzione fosse stata quella di un prodotto storicamente ineccepibile, ne sarebbe venuto fuori un docu-film, cosa che non ritengo rientrasse tra i desideri dei finanziatori del progetto.
E allora ecco che la pellicola rischia di farsi ricordare più che altro come film d’azione, di spionaggio, su sfondo storico. Aspetto che indubbiamente aiuta a tenere incollate le persone alle poltrone (e la suspence é in ciò magistralmente orchestrata), ma che rischia di svalorizzare l’importanza storica dei fatti narrati.
Un film che dunque avrebbe potuto, potenzialmente, offrire molto di più, ma che, per i binari su cui é stato portato, ha finito per cavarsela egregiamente. Merito di Affleck (e chi l’avrebbe mai detto!), che offre una regia all’altezza di cineasti ben più affermati; ma che però, a mio avviso, non convince del tutto nell’interpretazione del protagonista.
Certo che da ciò a meritare l’oscar come miglior film però ce ne corre!
Meno bene la sceneggiatura, la quale, oltre alle pecche di eccessiva romanzatura e le inesattezze di cui sopra, non riesce a emanciparsi da alcuni clichè hollywoodiani, risultando nel complesso un costante senso di dejavù (vedi il ritorno a casa nel finale o la situazione familiare del protagonista, o ancora le scene al quartier generale della Cia… Scene giá viste più e più volte… Nessuno sforzo di originalitá, insomma).
Il continuo richiamo a Star Wars mi é piaciuto particolarmente: come a sostenere un ruolo utilitaristico dell’immaginazione e della fantascienza (spesso bistrattata, un pò come la fisica, dai praticoni di turno). La fantasia a volte é il quid che ci vuole per risolvere situazioni apparentemente inestricabili.

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