l’inconsapevolezza dell’incomprensione / 23 Maggio 2018 in Song To Song
Questo film non è stato acclamato dalla critica, né ha sbancato al botteghino. Pochi giorni fa ho avuto l’occasione di poterlo vedere per la prima volta e sono rimasto piacevolmente colpito dal risultato finale dell’opera di Terrence Malick.
Forse il cast colossale (Michael Fassbender, Ryan Gosling, Rooney Mara, Natalie Portman e Cate Blanchett) ha alzato l’asticella delle aspettative di tutti, e forse non tutti hanno apprezzato il modo in cui la non-trama si è sviluppata. Già, perchè essenzialmente, questo film non ha trama: racconta la storia dei personaggi attraverso brevi inquadrature, scene più o meno corte con dialoghi al limite dell’ermetismo. Inoltre, i protagonisti non si presentano mai per nome, quasi come ad ampliare il concetto di sviluppo del personaggio con l’immedesimazione totale da parte del pubblico.
Le tre storie principali vedono intrecciarsi le vite dei personaggi riportati sullo schermo da Gosling, Fassbender e Mara: tutti e tre nel mondo della musica, ognuno di loro con diverse aspettative e diverse ambizioni, ma soprattutto, una dipendenza cronica. Sesso, droga, relazioni, successo: tutte hanno un filo conduttore che lega a doppia mandata i personaggi, che piano piano iniziano a capire quali siano i difetti del proprio partner ma soprattutto i propri. Ripercorrendo più volte gli stessi errori, tradendosi in continuazione, e marcando l’importanza di questi momenti con la voce in sottofondo che narra brevi momenti, c’è quel momento in cui tutti si rendono conto del gran casino che hanno combinato nella propria vita, ma nonostante tutto continuano, vanno avanti, e non ne hanno abbastanza. Più volte si dicono di no, più volte dicono basta, ma inconsapevolmente vanno avanti per la propria strada.
E poi ecco arrivare Natalie Portman, che sembra quasi un fulmine a ciel sereno nella vita del produttore discografico interpretato da Fassbender, forse la chiave di volta per farlo “redimere”. Ed invece ecco l’esatto contrario: il loro rapporto viene snaturato dall’incombere di un’altra dipendenza e le cose peggiorano solamente.
Poi Cate Blanchett, che sembra portare stabilità nella vita di Gosling, senza però migliorarla del tutto.
Insomma, tutto si muove attorno ad un cerchio che ci unisce senza mai farci incontrare, lasciandoci soli ad affrontare le proprie inquietudini ed i propri demoni.
Il finale poi, si protrae un po’ troppo a lungo: questo film, a mio avviso, doveva durare una ventina di minuti in meno. Ma poi ci ho ripensato, ed ho avuto un’idea sulla questione: Malick ha forse intenzionalmente fatto durare troppo il film, come a volersi portare dietro un fardello che poteva benissimo lasciare indietro, un po’ come i protagonisti fanno e un po’ come facciamo noi nella nostra vita: non riusciamo mai realmente a lasciarci alle spalle il passato, e ci portiamo dietro pesanti rimasugli che sono difficili da liberare.
In conclusione, il film non è certamente divertente né movimentato, ma nel suo complesso mi è piaciuto, sia per la tecnica che per la leggerezza d’esecuzione. Malick per me rimane al top della considerazione, e la sua visione a volte distorta fa bene al mondo del cinema.