Recensione su Oppenheimer

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Oppenheimer è un film su Oppenheimer / 12 Settembre 2023 in Oppenheimer

Oppenheimer è un film su Oppenheimer. E’ un’interessante biopic con approccio psicologico. Solo visto in quest’ottica lo ritengo un film efficace e di una certa potenza. Partire da una considerazione sul “genere” può essere in questo caso utile per riflettere sull’obbiettivo di questo film, sul suo senso e dunque sul suo effettivo valore.
In quanto film storico, l’opera è povera e confusa: la guerra, Hiroshima e il Maccartismo sono dei fantasmi appena evocati. La scomposizione della linearità della narrazione non aiuta a far luce sul clima di quel periodo, al contrario, ha un effetto controproducente, tanto che a volte sorge il sospetto che questa tecnica – punto di forza di altri film come l’ottimo Tenet – sia diventata ormai per Nolan un marchio di fabbrica meramente virtuosistico o che, peggio, abbia come principale scopo quello conferire un’impressione di maggiore profondità alla sceneggiatura. Oppenheimer non va dunque giudicato come film storico, perché a Nolan non interessa ricostruire il contesto storico della guerra o del maccartismo, che fanno semplicemente da sfondo per raccontare la storia del protagonista.
Anche dal punto di vista filosofico è un’occasione mancata, visto che, nonostante la durata, i temi vengono accennati, ma mai approfonditi: nel complesso Nolan sceglie la vita più semplice, non cerca di far ragionare lo spettatore, ma di colpirlo con frasi o intrecci ad effetto. La maggior parte della narrazione, più che alla ricostruzione storica o alla riflessione filosofica, è destinata a ripercorrere le vicende processuali e gli intrighi politici del secondo dopoguerra, al punto che si sarebbe tentati di catalogare il film come un legal thriller. La parte più interessante e coinvolgente è però un’altra, ossia quella legata allo sviluppo del progetto Manhattan fino all’esplosione della bomba (Trinity: non Hiroshima, non Nagasaki), che rappresenta il momento centrale e culminante del film. E’ particolarmente interessante notare la prospettiva da cui Nolan sceglie di mostrare l’evento: è la prospettiva degli artefici che ammirano la propria creazione, in particolare di colui che è stato il regista del progetto Manhattan e dunque, secondo Nolan, “la persona più importante che sia mai esistita” per la sua capacità di cambiare per sempre il nostro modo di vivere. Per com’è impostata, questa scena sembra avere l’obiettivo di creare una sovrapposizione fra Oppenheimer e Nolan, entrambi nel doppio ruolo di registi e spettatori della propria opera. In una scena nella quale Nolan cerca di toccare il limite massimo della potenza cinematografica, come Oppenheimer volle fare con la creatività (distruttrice) scientifica, il nostro regista tradisce forse l’ambizione di ergersi a Prometeo che vorrebbe cambiare la storia del cinema?
Come noto il film è tratto dalla biografia “Prometeo americano”. Nella mitologia greca l’epiteto di Prometeo indica “colui che riflette prima”, in contrapposizione al fratello Epimeteo, cioè “colui che riflette dopo”. L’Oppenheimer di Nolan, come i due fratelli della tradizione, è allo stesso tempo Prometeo ed Epimeteo: l’eroe viene fin da subito presentato come un visionario (da qui la ripetuta sottolineatura dei suoi limiti in matematica) che fin dalla giovinezza è mosso da immagini allucinatorie che evocano la Bomba, come se fosse un destino che lui riesce in qualche modo a intuire; allo stesso tempo l’eroe è colui che agisce come se non volesse pensare alle conseguenze delle sue azioni. Possiede la visione del futuro, ma non la volontà di guardare. In questa contraddizione risiede la tragicità del personaggio e la sua complessità psicologica. Anche dopo la sconfitta della Germania Oppenheimer continua ad appoggiare l’uso della bomba sul Giappone, rifiuta di firmare la petizione di Szilàrd e persino – il film lo tralascia – sottoscriverà con altri scienziati un documento che sottolinea la necessità dell’uso della bomba per concludere il conflitto. Si tratta dello stesso uomo che nel secondo dopoguerra subisce un processo per il suo impegno nel rallentare la corsa agli armamenti atomici. Quando chiesero al fisico Isidor Isaac Rabi, uno dei partecipanti al progetto Manhattan, di descrivere Oppenheimer, Rabi rispose che non aveva un’identità precisa, che viveva nel bisogno continuo di nascondere parti di sé (ad esempio le sue origini ebraiche), come indossando sempre una maschera (“viveva in una recita”); concluse definendolo “un uomo fatto di mille frammenti brillanti”. Ciò in cui il film di Nolan si rivela più efficace è la capacità di tracciare un disegno della figura di Oppenheimer in quanto persona concreta, della quale viene penetrata la psicologia ma lasciando quell’ambiguità di fondo che è l’essenza del personaggio. Ecco allora che Oppenheimer si rivela un ottimo film se considerato per quello che è, cioè non un’opera che abbia la pretesa di raccontare com’è cambiato il mondo, ma un’opera che vuole offrire uno sguardo da diversi punti di vista – come in un ritratto cubista – su un personaggio che rimane indecifrabile. Uscendo dal cinema, la domanda che mi sono posto non è stata “Fu giusto sganciare la bomba?” (per la risposta attendo un film su Harry Truman) o “Quale dev’essere il limite della ricerca scientifica?”, ma “Chi è stato veramente Oppenheimer?”; accompagnate dalle domande “Nolan ha sopravvalutato la figura di Oppenheimer?” e, infine, “Nolan è un regista sopravvalutato?”.

2 commenti

  1. Stefania / 13 Settembre 2023

    Splendide riflessioni *.*
    La definizione di Oppenheimer che dà Rabi (che non conoscevo) e che citi, secondo me, riassume l’assunto (anche tecnico) del film: i “Mille frammenti brillanti” devono essere necessariamente ricomposti, per ottenere una migliore visione d’insieme.

    • Patrick Martinotta / 16 Settembre 2023

      Grazie! La citazione di Rabi è tratta dal libro “Bomba atomica” di Roberto Mercadini, un libro che consiglio. A chi è interessato a questa storia consiglio infine anche il fumetto “La bomba” 🙂

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