Recensione su Lo sconosciuto del lago

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3 Ottobre 2013

Mi ha ricordato il picnic ad hanging rock per la scelta del lago che qui, come lì l’insieme di rocce vulcaniche, è una presenza catalizzatrice che astrae , contiene e esclude, un luogo non luogo dove le persone arrivano e il mondo, inteso come relazioni sociali, storia, passato e futuro, si annulla. Il lago è un eterno presente.
Frank frequenta il lago, dove le identità non esistono, parla con Henri che è proprio fuori luogo (vi sono pochissimi accenni ad un passato, al lavoro), non cerca avance, non cerca incontri, sembra essere lì per annullarsi in una attesa spogliata dal senso (e la forza di questo annullamento lo si capirà solo alla fine). Ma Frank desidera, desidera fortemente un altro bagnante, Michel, è il lago che gli regala il primo incontro, lo sfiorarsi iperrealistico fra i loro corpi. Le giornate, bloccate nell’arrivo e nella partenza di tutti i frequentatori, si svolgono fra l’acqua, la riva e il bosco, dove i corpi si bagnano, stanno al sole o si cercano, corpi spogliati in tutti i sensi in una nudità che scarnifica le persone da ogni altra connotazione. Poi l’omicidio e la realizzazione del sogno erotico/sentimentale di Frank perso in un desiderio sordo, pieno e totalizzante. Cosa desideri veramente Frank è cristallizzato in questa sua tensione a Michel che travalica gli accadimenti, che lo fa perdere dentro la sua ostinazione emotiva.
Davvero bella la ricerca sonora, i rumori dell’acqua, delle pietre, delle piante, il continuo stormire di foglie, di alberi, di rami; davvero perfetta la resa del lago, nella notte dell’omicidio sembra metallo fuso; nelle nuotate solitarie di Frank una bolla temporale che isola lo sguardo e nasconde il corpo; ogni giorno è il liquido insensibile a ciò che ospita.
Come nel film di Weir lo era Hanging rock, il lago qui è la natura istintuale e basica, la sconfitta e la rivalsa dell’uomo sociale che però mai è presente se non nella persona dell’investigatore che fa domande schematicamente banali o nella famiglia sul motoscafo che guarda dall’acqua la riva dei nudisti: la socialità con la struttura famigliare e la coppia classica sono “dall’altra parte”, come dicono spesso Henri e Frank.
La dimensione di ciò che accade è assolutamente intangibile, sembra che Frank faccia un percorso dentro se stesso e il suo desiderio, dentro la sua mente e la sua incapacità di valicare i confini del proprio io. Anche il finale è annichilente, di fronte al ripetersi della violenza (cercata, gratuita, accidentale non ha importanza, la violenza non ha motivi, non ha tensioni, non ha giustificazioni, è un elemento come un altro della natura) Frank perso nel bosco che parla come sempre (c’è un continuo ripetersi dei suoni del bosco), solo, al buio non può far altro che chiamare Michel.

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