Recensione su Jumanji - Benvenuti nella giungla

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Innocuo passatempo / 21 Settembre 2021 in Jumanji - Benvenuti nella giungla

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

A tutti gli effetti, Jumanji – Benvenuti nella giungla di Jake Kasdan è il sequel diretto del film Jumanji (1995) di Joe Johnston. Infatti, il lungometraggio del 2017 inizia con una scena molto simile a quella con cui terminava il film con Robin Williams: la scatola del gioco giace su una battigia, seminascosta sulla sabbia, e il suono dei famosi tamburi “di guerra” echeggia nell’aria.

Però, visti gli sviluppi narrativi del film di Kasdan, mi sono domandata perché la produzione non abbia optato direttamente per un reboot: la trovata del piano di gioco che, nottetempo, si trasforma in cartuccia per console casalinga, oibò, non mi è davvero piaciuta.
Ok il legame fortemente voluto con il film precedente (più che altro, un omaggio, ben esplicitato in dettagli come il rifugio di Alan Parrish/Williams nel gioco ereditato da Alex/Nick Jonas), ma le connessioni con quella storia sembrano davvero un pretesto-con-effetto-nostalgia puramente commerciale, studiato per invogliare i ragazzini di allora a far vedere il film a quelli di adesso.

Il brivido (narrativo) del primo Jumanji sta nel fatto che il destino dei giocatori è affidato ai dadi. In Jumanji – Benvenuti nella giungla, i player hanno a disposizione un numero limitato di vite, ma imparano (molto in fretta) dagli errori di gioco: non c’è mai totale casualità, non c’è completa imprevedibilità. Efettivamente, c’è una sorpresa parziale (quale sarà il prossimo trabocchetto?), ma il videogame è, per sua natura, un’avventura esperienzale e, con questa scelta a livello di trama, secondo me, si è persa l’anima del gioco “maledetto” del primo film, tale perché basato sulla sua pressoché totale imponderabilità.
Perciò, penso che un reboot sarebbe stato più utile.

Nel complesso, Jumanji – Benvenuti nella giungla è un innocuo passatempo che non mi ha mai appassionata e divertita fino in fondo: ho percepito come (molto) superflua la presenza di Van Pelt, il villain sciroccato (Bobby Cannavale), mi sarebbe piaciuto vedere i personaggi molto più esaltati/limitati dalle loro proprietà di gioco (che razza di limitazione è la torta?!?), avrei gradito molte più scene d’azione come quella dell’elicottero e avrei fatto a meno della reiterazione della “lotta ballerina” (ma, poi, balla? Mah) di Martha (Karen Gillan).

Per il resto, al netto della simpatia che provo per Dwayne Johnson e Jack Black e pur avendo apprezzato le smorfie buffe di entrambi (due pro, anche se agli antipodi, in quanto a fisicità e glosse facciali), i protagonisti del film (in entrambe le loro versioni, reale e di gioco) mi sono sembrati troppo piatti e bidimensionali, per empatizzare con qualcuno di loro o per ricordarne almeno uno per qualche sua velleità specifica.

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