Jumanji - Benvenuti nella giungla

A tutti gli effetti, Jumanji – Benvenuti nella giungla di Jake Kasdan è il sequel diretto del film Jumanji (1995) di Joe Johnston. Infatti, il lungometraggio del 2017 inizia con una scena molto simile a quella con cui terminava il film con Robin Williams: la scatola del gioco giace su una battigia, seminascosta sulla sabbia, e il suono dei famosi tamburi “di guerra” echeggia nell’aria.

Però, visti gli sviluppi narrativi del film di Kasdan, mi sono domandata perché la produzione non abbia optato direttamente per un reboot: la trovata del piano di gioco che, nottetempo, si trasforma in cartuccia per console casalinga, oibò, non mi è davvero piaciuta.
Ok il legame fortemente voluto con il film precedente (più che altro, un omaggio, ben esplicitato in dettagli come il rifugio di Alan Parrish/Williams nel gioco ereditato da Alex/Nick Jonas), ma le connessioni con quella storia sembrano davvero un pretesto-con-effetto-nostalgia puramente commerciale, studiato per invogliare i ragazzini di allora a far vedere il film a quelli di adesso.

Il brivido (narrativo) del primo Jumanji sta nel fatto che il destino dei giocatori è affidato ai dadi. In Jumanji – Benvenuti nella giungla, i player hanno a disposizione un numero limitato di vite, ma imparano (molto in fretta) dagli errori di gioco: non c’è mai totale casualità, non c’è completa imprevedibilità. Efettivamente, c’è una sorpresa parziale (quale sarà il prossimo trabocchetto?), ma il videogame è, per sua natura, un’avventura esperienzale e, con questa scelta a livello di trama, secondo me, si è persa l’anima del gioco “maledetto” del primo film, tale perché basato sulla sua pressoché totale imponderabilità.
Perciò, penso che un reboot sarebbe stato più utile.

Nel complesso, Jumanji – Benvenuti nella giungla è un innocuo passatempo che non mi ha mai appassionata e divertita fino in fondo: ho percepito come (molto) superflua la presenza di Van Pelt, il villain sciroccato (Bobby Cannavale), mi sarebbe piaciuto vedere i personaggi molto più esaltati/limitati dalle loro proprietà di gioco (che razza di limitazione è la torta?!?), avrei gradito molte più scene d’azione come quella dell’elicottero e avrei fatto a meno della reiterazione della “lotta ballerina” (ma, poi, balla? Mah) di Martha (Karen Gillan).

Per il resto, al netto della simpatia che provo per Dwayne Johnson e Jack Black e pur avendo apprezzato le smorfie buffe di entrambi (due pro, anche se agli antipodi, in quanto a fisicità e glosse facciali), i protagonisti del film (in entrambe le loro versioni, reale e di gioco) mi sono sembrati troppo piatti e bidimensionali, per empatizzare con qualcuno di loro o per ricordarne almeno uno per qualche sua velleità specifica.

Avevo rivisto con simpatia quello 1995 , durante il periodo dorato del povero R.Williams (Mrs Doubtfire, Hook…), trovandolo abbastanza pesante e troppo per ragazzini. Ma comunque un film passabile.
Questo invece è proprio una schifezza senza ne capo ne coda, buttata lì proprio per un branco di bambini (non ragazzini) nemmeno troppo attenti.
Non guarderei il terzo nemmeno sotto tortura.

Come da titolo, film del quale non se ne sentiva affatto la necessità. Odioso e irritante in diversi punti con personaggi insulsi e ridicoli. Non riesco nemmeno a dargli la sufficienza come mero film di intrattenimento perché il titolo lo ricollego a quel piccolo capolavoro che è il Jumanji di Joe Johnston con Robin Williams. Il 5 lo raggiunge essenzialmente per due motivi: Karen Gillan e l’omaggio/citazione ad Alan Parrish.

Bel sequel del film con Robin Williams del 1995.
Prologo ambientato nel 1996 dove un ragazzo trova il gioco in scatola di Jumanji; nella notte il gioco si trasforma in un videogioco e “catturerà” il ragazzo.
Venti anni dopo troviamo quattro ragazzi in punizione scolastica per motivi diversi: il nerd Spencer ha aiutato il suo amico giocatore di football Fridge Johnson scrivendogli una tesina, la bella e vanitosa Bethany ha usato il telefono in classe mentre la timida secchiona e poco interessata allo sport Martha ha risposto male al prof di ginnastica.
Per punizione devono svuotare una cantina per creare una nuova aula informatica: troveranno il videogioco di cui sopra e verranno risucchiati nel mondo di Jumanji. La cosa simpatica e divertente è che le sembianze assunte nel mondo “virtuale” sono quelle dei loro avatar. Il gracile Spencer diventa il dott. Braveston (Dwayne Johnston) muscoloso e temerario (l’opposto del giovane), Martha la spietata killer di uomini Ruby Roundhouse (Karen Gillan), l’alto e muscoloso Fridge in “Topo” Finbar (Kevin Hart) un basso zoologo (parola che Fridge non saprebbe neanche cosa significhi), infine la bella Bethany diventa il prof. Sheldon (Jack Black) dato che il soprannome Shelly l’aveva fatto scambiare per una donna.
Divertente avventura con vari livelli del gioco che i nostri “amici”, dopo qualche scetticismo iniziale, con la loro collaborazione riusciranno a superare. La cosa più simpatica è proprio il contrasto tra l’avatar (e le sue caratteristiche) e il personaggio “reale”.
Nel resto del cast Bobby Cannavale (visto nel recente Ant-man, è il nuovo compagno dell’ex moglie di Scott) interpreta il villain Russell Van Pelt; nel finale compare anche Colin Hanks, figlio di Tom.