Recensione su I Don't Feel at Home in This World Anymore

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Empatico / 28 Febbraio 2017 in I Don't Feel at Home in This World Anymore

Il film vincitore del premio della giuria al Sundance 2017, diretto dall’esordiente Macon Blair, è un curioso ibrido very indie: un po’ commedia, un po’ tragedia, un po’ thriller, un po’ romance, racconta una vicenda sopra le righe di cui sono protagoniste persone normalissime in cui lo spettatore medio può ritrovarsi con estrema facilità.
Decisamente efficaci gli interpreti: Melanie Lynskey è una ragazza tranquilla e gentile, alla ricerca di persone con cui spezzare la routine della sua solitudine e con cui condividere le sue piccole passioni. Non è un’eroina e, proprio per questo, la sua sete di “ordine sociale” e la confusione che è capace di creare tentando di ottenerlo sono così lineari da sviluppare immediata empatia.
Ottimo anche Elijah Wood, quasi defilato, ma puntuale e fondamentale, una vera spalla.

5 commenti

  1. paolodelventosoest / 9 Marzo 2017

    L’ho visto ieri sera, un prodotto canonicamente Sundance, calderone che a essere onesti ha perso un po’ di smalto realmente indipendente. Però hai ragione, gli interpreti sono stati davvero sul pezzo; mi ha stupito l’improvvisa deviazione soft gore nel finale 😀

    • Stefania / 9 Marzo 2017

      @paolodelventosoest: (ora farò una considerazione che lascia il tempo che trova, banale da morire e potenzialmente scorretta) la cosa curiosa riguardo all’indie, ormai, sembra la caratterizzazione dei personaggi e dei contesti in cui vengono ambientati i film. Delle produzioni, cioè della capacità di trovare i fondi e realizzare un film senza il contributo delle major, sembra non ci sia quasi più percezione (perlomeno, io non ce l’ho): la qualità e l’attenzione al dettaglio sembra far presumere la presenza di grandi investimenti. Penso a The Lobster di Lanthimos, per esempio.

  2. paolodelventosoest / 9 Marzo 2017

    Le distribuzioni Netflix poi, sono particolarmente sfuggenti… In rete si parla di micro budget, ma già il casting di Elijah Wood sinceramente non credo possa risolversi con una cena in pizzeria

  3. alex10 / 16 Aprile 2020

    @stefania veramente un bel film, grande merito va alla protagonista, ha retto tutto il tempo anche nelle scene più improbabili. Sono d’accordo sul discorso dell’indie, è diventato il “contrario” di sè stesso, un genere. È successo anche nella musica.

    • Stefania / 17 Aprile 2020

      @alex10: ovviamente, esistono ancora le produzioni indipendenti “pure” (che, magari, lavorano praticamente solo grazie al crowdfunding), ma, sì, “indie”, ormai, indica un genere abbastanza codificato, piuttosto che una scelta produttiva.

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