Il futuro della libertà d’espressione in Italia / 7 Agosto 2019 in I banchieri di dio - Il caso Calvi

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Quello che lascia interdetti e di cui si è poco parlato riguardo a questo film, è il ripetuto interventi della magistratura romana, Alla fine della vicenda il regista ha avuto ragione e il fil ha potuto essere proiettato nelle sale. Ma restano degli interrogativi appesi ed un pericolo precedente.

Nelle scene relative al querelante Carboni ( e solo per esse), il regista ha inserito dei sottotitoli che puntano al contenuto delle carte processuali. Non è una prescrizione del magistrato, forse è un’aggiunta in corso d’opera non ipotizzata inizialmente. e che può diventare pedante a l punto di muovere il pubblico verso altri generi e ammazzare i film d’inchiesta. La Procura di Roma giustifica il dissequestro in quanto il film rispecchia le carte processuali, che autodefinisce “verità ufficiale”, in base all’assunto che le sentenze e gli atti della magistratura non si commentano, ma si rispettano.

Simili affermazioni uccidono piuttosto che tutelare la libertà d’informazione dei registi indipendenti. Per essere immuni da richieste risarcitorie che vanificherebbero il business stesso del film, in nome della presunzione d’innocenza vengono di fatto obbligati ad attenersi agli atti ufficiali di un Tribunale, di una Commissione Parlamentare, col rischio che ogni aggiunta ed interpretazione personale che non condivida le tesi della magistratura sia passibile di querela. Stessi problematiche avrebbero potuto essere sollevate anche per il libro-inchiesta di Ferrara, dato alle stampe contestualmente all’uscita del film in sala.

Il tribunale da luogo deputato a fare giustizia diviene luogo deputato all’accertamento della verità (come taluni l’hanno concepito), a luogo che ha il MONOPOLIO DELLA VERITA’.

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