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I miei vicini Yamada

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Lessico famigliare / 2 Marzo 2020 in I miei vicini Yamada

(Sette stelline e mezza)

A conti fatti, azzardo dicendo che Takahata Isao era lo sperimentatore dello Studio Ghibli. Se non nelle tecniche di animazione (come sta dimostrando Miyazaki-san, per esempio, che, con il corto Boro, ha provato personalmente la computer graphic), lo era sicuramente dal punto di vista formale. Nei suoi lavori, trovo sempre spunti grafici differenti, invenzioni estetiche e visive diverse, come se l’autore provasse a dimostrare che un segno correttamente modulato è in grado di contenere interi universi narrativi, esattamente come i kanji, i logogrammi tipici della scrittura giapponese, che, con pochi segni, includono cose, suoni, sentimenti.

I miei vicini Yamada, per dire, sembra derivare proprio da questo graficismo tipico della cultura nipponica: non è un caso che la prima apparizione del volto della nonna nasca dalla modellazione di segni essenziali, simili a ideogrammi. A eccezione della sequenza dei motociclisti molesti, i corpi dei personaggi sono stilizzati, buffi, caricaturali, denotati da elementi caratteristici immediatamente riconoscibili (il taglio dei capelli e il corpo cilindrico della mamma, gli occhioni di Nonoko, il volto particolarmente allungato della nonna, lo sguardo stranamente torvo del cane Pochi, ecc.). Nella loro essenzialità, questi corpi parlano moltissimo. Analogamente, i dettagli d’ambiente, quasi evanescenti, spesso solo abbozzati, paradossalmente concorrono a definire con precisione il contesto, in particolare quello domestico: una macchia colorata è il bonsai nel genkan; poche linee individuano il kotatsu (il tavolo riscaldato) e il chadansu (la credenza), definendo subito il soggiorno della casa; ecc.
La semplicità di queste scelte è solo apparente, perché, in realtà, sono sottese da una estrema raffinatezza e complessità della messinscena, esaltata da un’animazione fluida e ritmata.

L’anime è composto da quadri tematici che, srotolandosi, modulano un racconto molto articolato, fatto più di sentimenti e abitudini dettate inconsapevolmente dall’unità e dalla promiscuità che lega i protagonisti, che di eventi propriamente detti: quello messo in scena da Takahata è puro lessico famigliare.

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Storie di una piccola famiglia per Takahata / 20 Aprile 2014 in I miei vicini Yamada

My Neighbors The Yamadas è una pellicola del 1999 dello Studio Ghibli, nonché il quarto lungometraggio animato affidato alla regia di Isao Takahata ed inedito dalle nostre parti.
Lo Studio Ghibli abbandona momentaneamente le sue animazioni coloratissime ed il suo caratteristico chara design per narrare la storia di una piccola famiglia giapponese. Personaggi e fondali qui assumono una forma più vicina alla bozza, allo schizzo preparatorio preproduzione, con pochi dettagli. Ciononostante, il film regala comunque (seppur in piccole dosi) alcune animazioni davvero curate. Sono del parere che il disegno elementare mostrato da questa pellicola non debba essere giudicato negativamente a priori. Bisogna infatti tener conto che le piccole storie autoconclusive dei cinque membri della famiglia Yamada prendono ispirazione da un 4-koma manga, ovvero una raccolta di strisce comiche, solitamente composte da quattro vignette. Si può accettare quindi, l’anomalo stile grafico utilizzato e lasciarsi coinvolgere invece dalla grande sensazione di simpatia che trasmette facilmente l’opera.
Molto belle anche le musiche di Akiko Yano, che accompagnano questo scorrevole film di un’ora e tre quarti.

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