Giochi di potere cifrati / 15 Febbraio 2019 in High Flying Bird

Raramente, mi è capitato di vedere film così respingenti come questo High Flying Bird, produzione originale Netflix diretta da Steven Soderbergh e sceneggiata da Tarell Alvin McCraney (Oscar 2017 con lo script di Moonlight di Barry Jenkins).
Il tema sportivo mancava alla filmografia del caro Soderbergh che, con risultati interessanti, è sempre stato capace di destreggiarsi con originalità ed eleganza fra i generi e i toni più disparati.

Sulla qualità della messinscena, niente da dire: fotografia luminosa (tutti i piani sono messi a fuoco, con strabiliante nitore), interessanti movimenti di macchina (in realtà, un iPhone, già sperimentato nel film precedente, Unsane)… Mi rendo conto che è l’argomento ad avermi “rimbalzato” via di molti chilometri, come un muro di gomma: non so niente di NFL e dinamiche gestionali delle squadre di basket americane, quindi, benché sia consapevole che la materia è un pretesto cifrato per raccontare altro (giochi di potere) e nonostante mi sia sforzata di prestare attenzione e di trovare un compromesso fra tecnicismi e narrazione tout court (della serie: mi faccio andare bene “quello che dicono”, sperando che da “quello che fanno” riesca a capirci di più), mi è risultato praticamente impossibile comprendere i (tanti e lunghi) dialoghi e i ruoli/il peso dei vari personaggi.

Incapace di farmi largo con cognizione fra rookie e lockout e nonostante abbia ravvisato una palese tensione di fondo anticipatrice di possibili intriganti sviluppi, ho scelto di abbandonare il film dopo nemmeno 40 minuti di visione (e, pure, ne dura solo una novantina).
Ovviamente, mi astengo dal votare il film.

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