23 Agosto 2013 in Cuore di vetro

Abbandonatevi al piacere della favola, perché questo è un film che ha molto della fiaba e della “visione”, di magia. Fra sogno ed incubo, razionalità ed irrazionalità, la magia che regna nel film, lo stato di trance degli attori non professionisti (tutto il cast, con l’eccezione dell’interprete di Hias e dei soffiatori di vetro, ha recitato in stato di ipnosi, effettuata dal regista in persona con la conseguenza di avere dialoghi improvvisati dagli attori), la natura, il lavoro del vetro abilmente ripreso dal mitico Herzog, la morte.

L’opera in questione è collocata all’inizio del’800, Baviera.
Il profetico Hias, ispirato ad un personaggio realmente vissuto, impressiona e spaventa i nativi di un piccolo villaggio con l’annuncio dell’incendio della vetreria locale.
La vetreria, che deve la sua fortuna al “rubino” un particolare vetro di colore rosso che si produce, è proprietà di una ricca e nobile famiglia, quella degli Huttenbesitzer. Il capostipite e patriarca di questa potente famiglia è paralitico da almeno dodici anni. Nobili in un mondo che si sta industrializzando, anacronistiche figure in una società che cambia.
Il villaggio dipende dal “rubino”, le visioni apocalittiche circa il destino del villaggio preoccupano i lavoratori.
Il rubino, vi è un solo operaio che conosce il segreto della fabbricazione, il mastro vetraio e se lo porterà all’Inferno. Il nobile si sente perso, è disperato, capisce di come anche egli sia alle dipendenze di qualcuno o qualcosa. Le parole del veggente preannunciano l’inizio di una nuova era, quella borghese (?) e questo confermerebbe la cornice della rivoluzione industriale. Come fare a produrre la fonte di sostentamento del villaggio? La profezia si avvera, c’è il rischio che il villaggio sia destinato alla fine.
Hias è il male.
Ma è davvero il male? No, lo vediamo solo nella foresta, innocente, puro, non è certo il male ma così viene percepito. Il tempo, l’azione, le sue parole si mescolano, passato/presente/futuro diventano una cosa sola. Mentre il villaggio e il nobilotto sono ancorati al passato, Hias va oltre.
Hias che contempla e che scruta. Così come nelle prime scene egli scruta il villaggio, nelle ultime scene si contempla l’infinità del mare. Un mare da affrontare con una barca fragile.

Note del Don.
Herzog passò anni della sua vita proprio in Baviera un remoto villaggio montano vicino al confine con l’Austria. In questo villaggio non esistevano il cinema, la radio e la televisione, e Werner crebbe a stretto contatto con la natura, lontano dalla civiltà urbana, e dalla modernità

DonMax

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