Recensione su La vita davanti a sé

/ 20206.473 voti

Convenzionale, ma gradevole / 24 Novembre 2020 in La vita davanti a sé

Il nuovo film di Edoardo Ponti, La vita davanti a sé, nuovo film originale Netflix, è un film abbastanza convenzionale e prevedibile che si puntella su emozioni elementari, in primis la rabbia, ma che, dalla sua parte, ha una buona caratterizzazione d’ambiente, curata dagli scenografi Maurizio di Clemente e Maurizio Sabatini, e bravi attori.

Sophia Loren è tornata in scena, ottantaseienne, per il figlio Edoardo, a 6 anni dal cortometraggio La voce umana (2014), diretto sempre da Ponti.
La sua prova è di mestiere e d’affetto: il ruolo di Madame Rosa le calza bene addosso, perché la Loren conserva ancora quella ancestrale “presenza” femminile, materna e matriarcale, che ha contraddistinto i suoi migliori personaggi, e Ponti le regala un ruolo (forse, l’ultimo, vista l’età?) significativo perfettamente inscritto nella filmografia della Loren.
Menzione anche per il giovanissimo protagonista, Ibrahima Gueye (Momò).

Non ho letto il romanzo di Romain Gary da cui è tratto il film, ma la sceneggiatura di Ponti e Ugo Chiti, pur estremamente lineare, non mi è dispiaciuta, nella sua essenziale positività.
Bella la fotografia carezzevole di Angus Hudson. Non conosco la città di Bari, dove è stato girato il film, ma mi piace come è stata rappresentata, senza particolari georiferimenti, lasciando che siano architettura e aria a definire spazi e carattere del luogo.

Nei titoli di coda, si specifica che il film è stato girato durante la pandemia da coronavirus COVID-19: immagino che gli sforzi sul set per rispettare la normativa sanitaria siano stati molti e complicati. Eppure, la “confezione” del film non sembra averne risentito (ovviamente, ignoro se, sul set, ci siano stati problemi relativi a una eventuale diffusione del contagio). Insomma, plauso alla produzione per non aver fatto “pesare” sul risultato finale eventuali deficit legati a quanto sopra.

4 commenti

  1. Korova / 27 Febbraio 2021

    Solo a me risulta incredibilmente fastidioso che un cast napoletano sia costretto ad essere impiantato a Bari solo ed esclusicamente per fini economici di reperimento fondi per il film?
    Non so ma se questa diventa la prassi allora il cinema italiano è già bello che estinto.

    • Stefania / 27 Febbraio 2021

      @stee: anche a me ha fatto specie che, con un cast perlopiù napoletano (che, non so, immagino sia stato selezionato prima della scelta della location urbana), la produzione abbia scelto Bari e non Napoli, per l’ambientazione della storia. Forse, girare a Bari costava meno che farlo a Napoli. Forse, la regione Puglia eroga più fondi. Boh? Più che altro, la cosa stride un po’ a livello narrativo (cioè, guarda caso, il personaggio della Loren, napoletano, collabora con un medico partenopeo). Ma mi ha fatto piacere scoprire cinematograficamente Bari: i luoghi mostrati non avranno attrattive estetiche particolari, ma le location scelte mi sono piaciute, insomma avevano un loro carattere, ecco.
      P.s.: ci sono vecchi film italiani con questo tipo di incongruenze, se vogliamo chiamarle così. Il primo che mi viene in mente -figurati- è I vitelloni di Fellini, dove Sordi (che non fa apparentemente nulla per moderare la sua cadenza romana) e Interlenghi dovrebbero essere riminesi 🙂 Poi, va beh, Rimini era set fondamentale e necessario, quindi, per esempio, in quel caso, veniva prima il set del cast. Però, per tornare alla tua interessante riflessione, ecco, non mi sembra una tendenza troppo recente.

      • Korova / 27 Febbraio 2021

        Sì incongruenze di questo tipo non sono di certo nuove, ma riguardo quella di Fellini che hai citato ci butto il mio preziosissimo cent che fu una decisione dello stesso Fellini (perché è Rimini, perchè Fellini i suoi film li teneva in mano lui a discapito di tutto e tutti) ed infatti il film non ne risente. Qui invece l’innaturalità della cosa la puoi toccare quasi con mano da quanto ingombra: una NapoliTown trapiantata a Bari Vecchia. In questo film non sembra una scelta registica, ma più che altro una scelta produttiva volta a cercare il pozzo con più soldi… visto che ormai la Film Commission della Puglia è per il cinema italiano una Roma 2.0 (o come succede con la Film Commission del Trentino; vedi “Il premio”, film in funzione della promozione turistica regionale più che del film in se).
        “La vita davanti a se” non è così estremo come “Il premio”, mantiene una sua dignità, ma l’elefante nella stanza di vede e si sente. Capisco che in Italia ormai non se ne esce da questo ragionamento produttivo a monte (al quale non mi abituerò mai), ma quando la bilancia pende così tanto dalla parte produzione a discapito di quella artistica, il film ne risente per forza.
        Tutto ciò senza entrare nello stretto merito del film che ha cose buone (cast, una Bari particolare, fotografia) e altre meno buone (era così necessario alla storia un passato da deportata per la Loren? Non credo. La presenza di un personaggio spagnolo? Non ne capisco l’esigenza, eccetera eccetera).
        E poi, detta terra terra, nel mio personale immaginario l’ambientazione partenopea ce l’avrei vista di più per una storia di integrazione di questo tipo… al di là del cast trapiantato.

        • Stefania / 28 Febbraio 2021

          @stee: riguardo al film di Fellini, mi pare che diciamo la stessa cosa: Rimini doveva essere, senza se e senza ma, quindi al più si adattava il resto al luogo, che doveva essere quello, senza compromessi (ma tutto ha una sua logica, considerando il film secondo la filosofia felliniana, per cui Rimini è un sogno e una reminiscenza e, in quanto tale, ammette concessioni. E, poi, Sordi, lì, è fondamentale in quanto Sordi e, quindi, con il suo accento e la sua “romanità”, ecc.).
          Sì, la sceneggiatura del film di Ponti presenta ingenuità e diverse forzature e dettagli “superflui” (come dici, l’esperienza nel campo di concentramento della Loren è un di più fine a se stesso) che sembrano finalizzati alla ricerca della sensazione, se vogliamo.
          Purparlé, mi hai fatto venire in mente almeno un’altra “promozione turistica” recente, Un paese quasi perfetto, un film che è stato ambientato e girato nell’entroterra della Basilicata e che presenta un’altissima densità di attori di Napoli Napoli Napoli (Campania e Lucania saranno anche confinanti, però…).

Lascia un commento