Recensione su Il cigno nero

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il trionfo del corpo / 1 Marzo 2011 in Il cigno nero

Partirei dal presupposto che Scarpette rosse non c’entra davvero nulla. Il cigno nero mi sembra un film imperniato su un male psichico che pochissimo ha a che fare con l’arte se non per il fatto che la protagonista è una ballerina. E all’interno del male psichico i temi principali sono la sessualità e il doppio.
Non per nulla c’è il lago dei cigni, una quantità infinita di specchi (il balletto è un’arte allo specchio) che sono moltiplicazione e frantumazione, e una incalcolabile bolgia di doppi veri o presunti (nina-beth, nina-lily, nina-madre, nina-nina). La poetica del corpo è fondamentale, anoressia, bulimia, autoferimenti, frigidità in cui il sesso/passione sono colpa e negazione del futuro (vedi la mamma), quasi il peccato originale, ogni avvenimento è una tacca sul corpo della protagonista che non riesce a ricomporre una dualità identitaria (o una molteplicità) se non soffocandone una parte, uccidendosi quindi per liberarsi (ma poi sarà morta sul serio?). Il rapporto con la madre è uno dei doppi di Nina, ma è ben svolto, è un rapporto castratorio, la mamma la spinge all’arte, la ridimensiona sessualmente, è il femminino che si realizza solo nella purezza, l’alleva alla repulsione del sesso, ne monopolizza la dieta (il pompelmo all’inizio e la torta alla fine), è un rapporto assolutamente non adulto in cui la madre ha il pieno potere del corpo e della mente della figli, quasi neonatale.
La sceneggiatura dunque ci mette un po’ tutto, alcune cose sono scontate, ma le ancora appunto a un vissuto corporeo tanto da trovare comunque uno spiraglio di identificazione, di leggibilità per tutti.

Però l’operazione è abbastanza approssimativa in altre parti, non mi è piaciuto nulla nulla il personaggio di Cassel, poco magnetico e, diciamolo, anche poco importante in tutta la storia: fra nina e il suo direttore non c’è comunicazione, passione, sfida, non vogliono la stessa cosa, non bruciano dello stesso male, non si capsicono proprio. E come è debole lui è debole tutto il mondo del balletto, efficace a mio parere solo nelle poche scene di studio, non si respira l’arte da nessuna parte e nessuna passione artistica. Insomma se lo avesse ambientato in un altro scenario sarebbe stato lo stesso. Cassel vive in un mondo in bianco e nero, il suo ufficio e la sua casa sono dominati dai due colori, ma tutto ciò rimane lì, perchè è qui che fallisce il film.
Non ho amato le scene di ballo, meglio la Portnam, fragile al punto giusto.

Ora come donna direi pure che la soluzione alla cosa è un bel pasto completo da 5 portate minimo

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