Occasione mancata / 26 Gennaio 2023 in La scuola cattolica
Non ho letto il romanzo di Albinati da cui è tratto questo lungometraggio di Mordini, quindi non so quanto e se i suoi difetti “di contenuto” siano imputabili alla matrice narrativa (o se e quanto tale matrice sia caratterizzata in modo tale da rendere complicato un suo adattamento in ambito cinematografico: leggendo in giro commenti e recensioni del libro, mi pare che, in effetti, sia così), ma penso che il film La scuola cattolica manchi completamente qualsiasi obiettivo.
Racconta del terribile fatto di cronaca nera italiana noto come il massacro del Circeo e, effettivamente, bisogna rendergli merito dell’aver scelto di affrontare questo indicibile episodio di follia e violenza e di aver tentato di proporlo a un pubblico vasto (a chi “c’era”, a chi ne ha sentito parlare, a chi non ne era a conoscenza), per suscitare varie riflessioni.
Ma mi sembra che il suo impegno morale o civile non sia sufficiente a giustificare la resa frammentaria e, a conti fatti, l’impalpabilità del film.
Il film di Mordini sembra nascere dal (corretto) presupposto (che, come mi pare d’aver capito, condivide con il libro di Albinati) che il crimine oggetto di un terzo della durata del film sia un dolorosissimo pretesto per parlare dell’ipocrisia della società italiana, della mentalità patriarcal-fascista che la sottende e della violenza incistata nei suoi microcosmi-simbolo: famiglia, chiesa, scuola.
Il fatto è che, afflitto com’è da un fortissimo didascalismo (sottolineato da una soprassedibile voce narrante), La scuola cattolica non ci riesce mai.
Secondo me, uno dei suoi difetti maggiori (che, se vogliamo, da altri punti di vista, potrebbe perfino essere uno dei suoi pregi, per amor di paradosso) è il fatto che la società che prova a descrivere, quella dell’Italia degli anni Settanta, non ha carattere.
Se lo spettatore non fosse informato per conto proprio del fatto che il massacro del Circeo ha avuto luogo nel 1975, quasi non comprenderebbe in quale momento storico si sta svolgendo la vicenda (non c’è mai una nota, nel corso del film, che indichi l’anno in cui hanno luogo i fatti).
E, allora, a mio parere, va a catafascio la premessa del “capire a che punto eravamo, per capire da dove siamo partiti e dove siamo arrivati (se mai ci siamo mossi, beninteso)”.
Nel corso del film, molti elementi compaiono sullo schermo per inerzia (es.: la scoperta della sessualità, l’indipendenza femminile, il rapporto con la religione, l’incapacità di una generazione di individui di occuparsi della propria famiglia e di creare una società civile) e si affastellano gli uni sugli altri, privi di concrete forme di continuità, senza convincente ragion d’essere.
Infine, la lunga parentesi legata alle violenze ai danni delle sfortunatissime Rosaria Lopez e Donatella Colasanti mi è sembrata particolarmente superflua. Così come è stata concepita, non aggiunge niente alla narrazione e, nel suo mostrare/non-mostrare, eleva il succitato didascalismo ai suoi maggiori vertici.
In sostanza, La scuola cattolica mi è sembrato un’occasione di riflessione mancata afflitta da stereotipi mal mitigati (o, per converso, sfruttati non troppo bene).
Peccato.