Un gigantesco spot pubblicitario Disney / 25 Aprile 2023 in Cip e Ciop: Agenti speciali

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

La storia è quello che è, con un plot banalotto e poco avvincente, ma, guardando il film, quel che mi ha divertito (e sconcertato) di più è stato il fatto che Cip e Ciop: Agenti speciali sembra essere stato concepito per mostrare quante e quali aziende la Disney controlla, su quanti e quali cataloghi detiene i diritti (20th Century Fox, Dreamworks, Pixar, LucasFilm…), quanti e quali personaggi può citare in piena libertà, grazie ad accordi vantaggiosi con altre importanti case di produzione e brand (Warner Bros., adultswim, LEGO, Paramount…).

In questo film, Cip e Ciop non mi sono sembrati granché simpatici o “interessanti” (a prescindere dalla serie originale degli anni Novanta che fa da pretesto a questo lungometraggio, non mi è neanche chiaro perché l’inizio della loro relazione personale e artistica venga fatta risalire agli anni Ottanta, quando i due scoiattoli parlanti compaiono nei cartoni Disney fin dagli anni Quaranta, ma tant’è…) e l’animazione 2D in computer graphic mi ha fatto storcere abbastanza il naso (Peter Pan è inguardabile, sotto molti aspetti, ma pure Monterey Jack ha i suoi problemi).
Però, nel complesso, ho riso spesso, grazie ad alcune trovate citazionistiche, all’uso del metacinema e ai conseguenti riferimenti che ho colto (immagino, che si tratti di 1/10 di quelli effettivamente inseriti nel lungometraggio).
Anche l’idea di fondo (cartoni animati ed esseri umani che convivono sullo stesso piano “astrale”; personaggi costretti a recitare in orrende brutte copie di storie di successo) è divertente (benché sia pesantemente debitrice di lavori come Fuga dal mondo dei sogni di Bakshi e, ovviamente, che ve lo dico a fare, Chi ha incastrato Roger Rabbit?), e pure il mashup orrorifico sul finale è ironico e azzeccato (“miao”, eh eh).
Quindi, bene così.

Mi sento di dire che non è un film per chi, in generale, è poco avvezzo a questo vasto immaginario cinetelevisivo.
Diciamo che, a grandi linee, bisogna essere cresciuti negli anni Ottanta e Novanta (o a strettissimo contatto con ciò che è stato prodotto a quei tempi) ed essere rimasti al passo con “questi mondi”, per non perdere la strada e apprezzare lo sforzo di stampo pubblicitario (perché questo è, a conti fatti) del prodotto in questione.

A latere, tolti i professionisti che compaiono per il tempo di un cameo (per esempio, con grande attenzione filologica, Marco Mete per Roger Rabbit, Oliviero Dinelli per Darkwing Duck e Luca Biagini per Putty/J.K.Simmons), doppiaggio italiano da stra-dimenticare.

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