Per me, La verità sul caso Harry Quebert, miniserie Epix diretta da Jean-Jacques Annaud e tratta dal bestseller omonimo dello scrittore svizzero Joël Dicker, è la conferma che questa faccenda delle serie tv sta prendendo un po’ troppo la mano.
Per questa storia, 10 episodi mi sono sembrati francamente troppi. Esclusi i due episodi introduttivi e i due conclusivi, ho trovato le puntate “di mezzo” di Harry Quebert un riempitivo abbastanza noioso e diluito. Perché non ridurne il numero, magari della metà, o -addirittura- non ricavarne direttamente un film, un buon vecchio thriller di provincia?
L’uso di un colpo di scena alla fine di ogni puntata, giusto per tenere viva l’attenzione prima che essa possa svanire del tutto e permettere di passare con un po’ di acquolina in bocca al capitolo successivo, mi è sembrato un buon escamotage di natura letteraria (vista la matrice), ma, nel complesso, ho accusato troppo le reiterazioni di questo racconto per apprezzarlo fino in fondo.
Di buono, c’è che nessuno è come sembra. Ma non è una novità.
Di brutto, c’è molto del resto, a partire dalla caratterizzazione dei personaggi, abbastanza didascalici, come l’editore arraffone (Ron Perlman) e l’avvocato avido (Wayne Knight). Il Quebert di Patrick Dampsey, per esempio, mi è sembrato un uomo molto incolore, non adeguatamente tormentato dalla vicenda, nonostante paia che ne sia stato minato a livello psicologico. La sfortunatissima Nola (Kristine Froseth) è un compendio di fragilità da brivido: ma scrittore e sceneggiatori non avranno esagerato, alla ricerca del super-effetto combinato alla sfortuna-a-tutti-i-costi? Marcus Goldman (nomen omen, interpretato da Ben Schnetzer) è il tipico golden boy (mi ha fatto sorridere che, in una ipotetica trasposizione cinematografica del suo romanzo-reportage, nella serie tv si parli del fatto che il suo ruolo potrebbe essere affidato a Tom Cruise: giusto!).
Insomma, per quanto ben girata, ben fotografata, ben montata e a dispetto dei suoi (in potenza) accattivanti contorcimenti narrativi, La verità sul caso Harry Quebert mi è sembrato un thriller abbastanza convenzionale, sicuramente troppo prolisso.
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