ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama
Il film di animazione Disney e Pixar Red rappresenta una significativa evoluzione della filosofia formale e narrativa dei famosi studi statunitensi: accogliendo pienamente e inglobando con forte senso di continuità nella trama l’estetica asiatica, soprattutto quella giapponese di anime e manga, fa tesoro delle tematiche Pixar legate alla crescita (Inside Out e Toy Story 3 in primis), sviluppa il soggetto di Bao (il cortometraggio, premiato con l’Oscar 2019, diretto dalla regista di questo film, la canadese di origini cinesi Domee Shi) e supera da destra ogni altro lungometraggio realizzato finora a Emeryville.
Ipercinetico (e, a tratti, ipertrofico, nella rappresentazione dei dettagli), Red affronta -come mai era accaduto finora in Disney Pixar- temi come pubertà, attrazione fisica, pulsioni sessuali e maturazione sessuale (e non solo, come da registro, anagrafica).
Resta indietro l’omosessualità (o, meglio, la definizione delle tendenze sessuali) che, come è già accaduto in passato (la Disney ha una lunga storia di problemi con l’argomento dell’inclusività: https://www.nientepopcorn.it/notizie/curiosita/personaggi-gay-disney-lgbt-108861/), viene solo accennata e chi la coglie la coglie (vedi, il personaggio di Tyler, il bullo che, in segreto, è un fan dei 4 Town e che “ama” uno dei membri della boy band: Tyler ha solo una forte monomania per un cantante, come può averla un qualsiasi adolescente, o sta scoprendo sentimenti e attrazioni che non riesce ancora a spiegare, neppure a se stesso? …E chi lo sa?).
Già con il corto Pixar Bao, la Shi aveva toccato corde “sgradevoli” ma adulte e molto concrete, come la dipendenza affettiva, la depressione e la frustrazione (addirittura, in riferimento a una donna in età da menopausa).
Bao e Red sono ambientati in un contesto sociale e culturale preciso, quello degli immigrati asiatici in Occidente e delle prime o seconde generazioni nate e cresciute lontane dai Paesi di origine delle famiglie. Questo elemento “rafforzativo” si inserisce bene nell’esasperazione dei temi di base legati alla transizione fisica e mentale dei protagonisti e, insomma, ritengo che sia abbastanza chiaro che la Shi abbia attinto alla propria storia personale, per descrivere con tanta efficacia le emozioni dei personaggi principali (non è un caso che la storia sia ambientata nei primi anni Duemila, quando la regista e animatrice aveva la stessa età di Meilin).
In conclusione, Red è un film per famiglie, perché tratta argomenti in cui mi sento di dire che tutti i nuclei famigliari incappano, prima o poi, ma, a dispetto di colori sfolgoranti, forme gradevoli e panda rossi pucciosi, non è un film per bambini under 13. Al di sotto di questa fascia di età, infatti, troppe cose e troppe dinamiche, soprattutto a livello emotivo, rischiano di essere incomprensibili e di rendere un rebus la comprensione della trama e la godibilità del film.
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