6 Recensioni su

The Conjuring - Il caso Enfield

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The Conjuring - Il caso Enfield
Regia:

Troppe recensioni negative / 9 Novembre 2023 in The Conjuring - Il caso Enfield

Che questo film non abbia il più originale dei soggetti ne siamo consci. Che non esista la perfezione nel cinema di genere, pure. Ma da qui a demolire questo film ce ne passa.
Ho letto recensioni massacranti, in cui si mette persino in dubbio il fatto di essere definito “horror” (la catalogazione dei generi credo sia difficile a meno che non ci troviamo di fronte ad un musical o ad un film di fantascienza).
Reputo The Conjuring 2 un film ben diretto sotto tutti i punti di vista, ben recitato – visto ovviamente in lingua originale -, solo Vera Farmiga onestamente non mi fa impazzire.
Ci lamentiamo dei soliti cliché? Dei soliti meccanismi che vengono usati per creare tensione? Beh allora togliamo le canzoni da un musical, togliamo le battute da un film comico… Io faccio davvero fatica a comprendere certi modi di voler demolire qualcosa che, pur perfettibile, dimostra di volere fare di tutto per arrivare al suo obiettivo.
Peraltro qualcuno si lancia in disamine chilometriche, con funamboliche frasi articolate e poi sbaglia i tempi verbali, ma tant’è.

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Wan!!! Sempre lui!!! / 1 Agosto 2016 in The Conjuring - Il caso Enfield

Dunque, il nostro James Wan ha riconfezionato un horror gia’ collaudato, riuscendo pero’ a fare cio’ che la maggior parte dei film horrorifici non riescono a fare: cioe’ paura. Ho conosciuto James Wan con Dead Silence di cui consiglio la visione, film non conosciutissimo ,essendo uno dei primi lavori, ma molto efficace e dall’ottima colonna sonora. Nonostante la giovane eta’ lo ritengo attualmente uno dei migliori registi di film “de paura”.
The Conjuring – Il caso Enfield convince quanto il primo, questo mi basta obbiettivo centrato. Ora attendiamo Lights Out in uscita giovedi 4 agosto.
Ciao a tutti

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Wan si diverte a farci spaventare! / 3 Luglio 2016 in The Conjuring - Il caso Enfield

Ennesimo ottimo prodotto horror di quel pazzo di James Wan.
Ho visto quasi tutti i suoi film (Il primo Saw è un mezzo capolavoro).
L’evocazione, il primo, mi era molto piaciuto. Certo, come questo sequel, la trama è banale e già vista migliaia di volte, ma Wan, in questo secondo capitolo, gira con una grazia e usa piani sequenza incredibili. Riesce a spaventare lo spettatore con niente: un telefono che squilla, una canzone che parte su un gira dischi…cose banali (proprio come il primo capitolo: la scena delle mani che battono è terrificante). Ripeto, la trama traballa un po’, con un finale probabilmente troppo buonista, ma rimane un gran film dell’orrore. Wan è un maestro del genere.

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Non male,6,5 / 28 Giugno 2016 in The Conjuring - Il caso Enfield

Un horror convenzionale che segue la stessa ricetta del precedente.
Momenti di suspence, attimi senza respiro e scene quasi da ridere, ma il film funziona: non spaventa come dovrebbe (qualcosina in più poteva rendere!) ma mi piace lo stile, scene come quelle dell’ombra che si avvicina al quadro, o quella dello scantinato, o della capanna del bambino in cima alle scale, hanno il loro fascino tra il gotico e l’horror.
Non arriverà al livello del primo, ma un 6,5 se l’è guadagnato.

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IL CASO WAN / 27 Giugno 2016 in The Conjuring - Il caso Enfield

Film interessante sulla carta che però non mi ha conquistato. James Wan è forse oggigiorno l’unico regista di genere che convince ma questa volta non riesce ad elevarsi al di sopra della media. Nel primo capitolo della saga il vero punto di forza era l’impostazione classica vecchio stampo, mostrando il giusto e lasciando intendere molto. In “the conjuring 2” Wan tradisce se stesso facendo l’esatto opposto. TI mostra talmente tanto che riesce ad immunizzarti agli spaventi. La storia non decolla mai e non fa altro che riproporci sempre lo stesso schema: Buio, attesa, BUH!!

Per carità…lo schema funziona spesso e volentieri ma alla lunga diventra troppo prevedibile. Però Wan è recidivo perchè “Insidious 2” soffriva della stessa patologia dimostrandoci nuovamente le sue difficoltà con i sequel.

I dialoghi tra i coniugi Warren sono abbastanza noiosetti e sono tutti finalizzati a ricordarci quanto si amano.

Bella la messa in scena, con una cura per gli oggetti e le scenografie davvero appagante. La computer grafica viene usata poche volte e male.
Brava la ragazzina protagonista. Il finale risulta esagerato.
Avevo delle aspettative e in parte sono state deluse.

Voto: 5,5

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Un accozzame posticcio e “mostruoso” / 25 Giugno 2016 in The Conjuring - Il caso Enfield

James Wan fa quello che non andrebbe mai fatto: girare un capitolo 2 di un film horror riuscito pienamente come è stato “L’evocazione – The conjuring”, e rovinarlo, così da rovinarne la nostra memoria, e rovinarsi la reputazione. “The conjuring – Il caso Enfield” è un film pessimo, visto da una prospettiva generale, ma che lo diventa maggiormente se inserito sotto la voce di “genere horror”. Il perché è semplicissimo: non è un horror, se non nelle regole del gioco peraltro stantie, ma che restano tali se non sono applicate ad una trama, se non originale – molto simile nei vari sviluppi al precedente capitolo – quanto almeno valida. Se vogliamo indirizzarlo per forza verso un genere di appartenenza, ci possiamo avvicinare ad un film di supereroi, con moderni ma goffi ghostbuster, o un film fantastico-grottesto mascherato da thriller-horror; ma la gravità maggiore è che a volte dia la sensazione di essere tutt’altro prodotto: una specie di videogioco. Un assemblamento mal riuscito e fastidioso, che inevitabilmente non trasmette alcun interesse, e men che meno fa sobbalzare, o smuove emozioni, né su un piano puramente dinamico di visione, né più intrinsecamente contenutistico e riflessivo. Uno sbrodolamento di più di due ore senza né capo, né coda, senza un centro di coerenza realizzativa, che ha solo il pregio di far emergere e svettare, appunto, il suo predecessore, che era sì opera canonica nel genere, ma raffinata, incarnata nella modernità, e mixata con equilibrio in tutte le sue componenti horror, ma soprattutto cinematografiche.
Già da prologo iniziale che si riallaccia al massacro della famiglia di Amityville, dal quale molti film horror o simili hanno pescato materiale per le loro storie, e dai primi minuti effettivi del nuovo caso di possessione, ad Enfield appunto, in Inghilterra, la macchina da presa di James Wan non sta ferma un attimo, e tra panoramiche, carrelli, e piano sequenza, ci porta dentro ad un esercizio di stile e di esibizione fine a se stessa che sembra egli stesso dimenticarsi miseramente cosa debba filmare o a quale tipo di film appartenga la sua pellicola. Pur sapendo in partenza che dal regista malesiano non ci si aspetta chissà quali stravolgimenti, rappresentante di una metodologia horror tipicamente conservatoria e dal canovaccio “usurato”, ma tuttavia affidabile che pesca anche a piene mani nella tradizione dei gloriosi anni ’70, ma che questo rinnovamento almeno per quest’anno spetti su tutti a quel “It follows” che vedremo e apprezzeremo tra poco anche nelle nostre sale, Wan perde i fili della sua opera maldestramente e “The conjuring – Il caso Enfield” naviga a vista in percorsi narrativi altri, in tempi dilatati all’inverosimile, in ritmi non appropriati che tendono a far scemare l’attenzione invece che tenerla desta, in ripetizioni e ridondanze sterili, in banalità di sceneggiatura e di dialogo disarmanti, nella creazione di un terrore che non si può definire tale, perché non incute paura (e il paradosso è bel che servito), ma che si incastra in logiche di film diverso, come regole di un gioco applicate ad un altro gioco, e giocato (scusate il “gioco” di parole) ad un livello di interazione con il pubblico che è orizzontale, piatto, e non investe trasversalmente più piani narrativi o stilistici come un buon film horror richiede per attuare i suoi picchi di suspense e di spavento e di costante e soffusa inquietudine.
Insomma questa nuova avventura dei coniugi Warren, interpretati da Patrick Wilson e Vera Farmiga, oscilla tra il prodotto di documentazione di un fatto realmente accaduto (e la stessa mancanza di titoli di testa conferma l’intenzione di renderlo più verosimile possibile) e il grottesco, ma che dentro una confezione di tutt’altro genere ne esce fuori pieno di momenti goffi e al limite del trash, di cliché noti e stranoti, di situazioni paradossali: quando compare l’Uomo Storto ci chiediamo se stiamo assistendo ad un film di Tim Burton (solo per il personaggio!). E il nostro interesse verso tanta piattezza, insita nella storia e nello stile, deve quindi fermarsi ad un ramaiolo piegato, e quindi al fatto che la questione si sposti tutta esclusivamente sulla veridicità o meno dei fenomeni paranormali e demoniaci di casa Enfield: se Janet, la bambina posseduta, stia montando tutto con la sua fantasia, o se il cambiamento di voce, le lievitazioni, gli atteggiamenti isterici, le convulsioni, la schiuma dalla bocca, oggetti che si muovono da soli, e tanti altri stereotipi visti e rivisti, siano realmente quello che sono. La conclusione è ovvia e la conosciamo già, come il fatto che tutto vada per il meglio in questa fiaba dei buoni sentimenti, dove l’estrema, commovente e frivola (per come trattata) solidarietà verso la famiglia Hodgson dimostrata dai “supereroi” Warren non ci appartiene granché, perché avremmo voluto abbondare quella casa da un po’, almeno dall’ennesima inquadratura sempre uguale che Wan ci fa del suo esterno, o dall’ennesima chiacchierata con lo spirito di un vecchietto simpatico di 72 anni, con il quale ci si potrebbe convivere tranquillamente visto quanto sia innocuo: che poi sia solo uno spirito facciata che nasconda il “mostro finale” del videogioco diretto da Wan, ossia la suora demoniaca, conta relativamente, perché anche questo demone dopo essersi nascosto o rivelato mediante i soliti standard, sgonfia il suo terrore inesorabilmente man mano che il film procede, tanto da diventare la parodia di se stesso, e il film, di conseguenza, allo stesso modo. Se Lorraine invece di chiamarlo per nome (l’unico modo per distruggerlo) avrebbe ingaggiato con lui un imbarazzato combattimento simile a quello della protagonista di “Scary Movie 3” con la Samara di “The Ring” parodiata di quel film, non avrebbe affatto stonato. O ancora: se da una di quelle belle casette a schiera inglesi fosse scappato ad un certo punto Harry Potter a lanciare qualche “avada kedavra” per mettere a tacere tutto il baccano, anche mediatico, nemmeno. Anzi forse avrebbero dato senso ad un accozzame così posticcio e “mostruoso”: diventando la cosa più horror di un film non horror.

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