8 Gennaio 2015 in Sunshine on Leith

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Tutti dicono AY!
Un musical scozzese con birra e superscottish accento, Davy e Ally tornano dalla missione in Afghanistan a Edimbrò. Ally ha una fida troppo figa, Liz, che è la sorella di Davy, e che fa l’infermiera e presenta a Davy una sua collega troppo figa, proveniente dalla perfida albione (che è la tizia gnocca delle ultime serie senseless di Misfits): a Edimbrò tutte sono infermiere e fighe e possono mollare i lavori loro in uno snap, ma chissene, tanto sono così fighe. Vite avvitate, delle due più una coppie: il ritorno alla vita normale post missione è una patologia delle guerre moderne, e inevitabilmente complesso anche per chi non ne porta i segni esteriori (figurati chi li porta), e rischi di finire in un call center. La terza coppia sono il padre e la madre di Davy e Liz, tra cui Peter Mullan che canta e balla col kilt. Eppure Liz vuole altro, e la vita va avanti e nella Scozia ci sono tante anime, altro da Ally, che è un nano, poi no, poi sì, poi lei lo molla, sbam. Centinaia di persone cantano e ballano nel finale in crescendo davanti alla National Scottish Gallery, in una di quelle scene del tipo “ti-lascio,sto-per-partire”, “no-ferma,guarda-che-ti-amo-e-lo-urlo-a-tutti” (Crocodile Dundee è il riferimento più dotto del mondo); crolla lo stadio. In senso figurato eh. Nel frattempo la città, bellissima e forse proditoriamente soleggiata (maddai) è protagonista dall’alto (della collina immagino, che non si vede mai), e la si vede per di più, negli caratteri dei protagonisti. O almeno, io l’ho riconosciuta. Non so poi se fosse una mia personale astinenza da musical, ma volevo mettermi a sgambettare pur’io nella mia prima fila vuota, lucciconi, sentimenti un po’ alla whatever works, la Scozia dei musical di speranza palpita e avventure, AY!, colorful.

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