Roma

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Roma

Città del Messico, anni Settanta. Cleo è una domestica a servizio presso una famiglia borghese in un quartiere della città conosciuto come Roma. È un momento cruciale della storia messicana, un periodo di disordini politici e cambiamenti sociali profondi.
Stefania ha scritto questa trama

Titolo Originale: Roma
Attori principali: Yalitza Aparicio, Marina de Tavira, Diego Cortina Autrey, Carlos Peralta, Marco Graf, Daniela Demesa, Nancy García García, Verónica García, Fernando Grediaga, Jorge Antonio Guerrero, José Manuel Guerrero Mendoza, Andy Cortés, Victor Manuel Resendiz Ruiz, Zarela Lizbeth Chinolla Arellano, José Luis López Gómez, Edwin Mendoza Ramírez, Clementina Guadarrama, Enoc Leaño, Nicolás Peréz Taylor Félix, Kjartan Halvorsen, Mostra tutti

Regia: Alfonso Cuarón
Sceneggiatura/Autore: Alfonso Cuarón
Fotografia: Alfonso Cuarón
Produttore: Nicolás Celis, Alfonso Cuarón, Gabriela Rodríguez, Jonathan King, David Linde, Jeff Skoll
Produzione: Messico, Usa
Genere: Drammatico
Durata: 135 minuti

Dove vedere in streaming Roma

Mah…. / 30 Luglio 2019 in Roma

Per caritá, bella regia e fotografia ma sembra una semplice storia quotidiana che vuol essere un capolavoro.
Lentissimo e spento (il bianco e nero gli dà un tocco di classe ma a mio parere spegne l’interesse verso quei luoghi), scorre pian piano verso la fine che da un pó si aspetta impazienti!
Non mi ha convinto. 4.

Ricordi vagamente Felliniani / 3 Gennaio 2019 in Roma

Di passaggio tra le feste che portano a (ri)visitare lidi catturati nei ricordi, Aequam memento servare mentem dopotutto e lo sa pure Cuaron che di Roma non c’è solo quella Felliniana e che di sicuro non deve sovraccaricarla di “responsabilità” politiche. Così l’occhio esteta cattura emozioni per l’occhio “social” all’autogril netflixiano (che una sbirciata allo smartphone e una pisciatina prima o poi la farà). C’è chi avrà pruriti intimi e chi no (wink-wink).

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Il rumore della vita / 16 Dicembre 2018 in Roma

Alfonso Cuarón è un autore cinematografico eclettico che, finora, ha spaziato in generi diversi: fantascienza, distopica e/o tradizionale (I figli degli uomini, Gravity), fantasy (Harry Potter e il prigioniero di Azkaban), road movie (Y tu mamá también), “rosa” (La piccola principessa), commedia (Uno per tutti). Nonostante questa eterogeneità, mi pare che finora siano almeno un paio gli elementi che ricorrono insistentemente in tutta la sua filmografia: la scoperta e la crescita. I protagonisti dei film di Cuarón si evolvono naturalmente nel corso dei film, imparando a conoscere profondamente il mondo che li circonda e, in un circolo virtuoso, sé stessi.
Benché, formalmente, il recente Roma presenti caratteri formali abbastanza inediti all’interno dell’opera del regista messicano, questo film si inscrive perfettamente nella tradizione narrativa cuaróniana, confermando, se possibile, la propensione dell’autore a privilegiare il tema del racconto di formazione.

Premiato con il Leone d’Oro a Venezia 2018, questo film originale Netflix racconta uno spaccato di vita nella Città del Messico dei primi anni Settanta.
Roma è un racconto dichiaratamente autobiografico. Oltre che attingere a un passato intimo e, quindi, a ricordi estremamente personali dell’autore, in occasione del passaggio del film a Venezia Cuarón ha dichiarato che questo film è dedicato alle donne che l’hanno cresciuto.
Come nella migliore tradizione narrativa, l’epopea del singolo si fa pretesto e traino per raccontare anche i cambiamenti di una società, i fatti storicamente accertati che l’hanno caratterizzata. Nello specifico, nel corso del film, Cuarón ha scelto di rappresentare il Messico del 1971, un Paese in tumulto (una lunga sequenza è dedicata a El Halconazo, il massacro del Corpus Christi nel corso del quale numerosi studenti impegnati in una manifestazione vennero uccisi da una frazione paramilitare dell’esercito messicano), in cui un medico e stimato padre di famiglia sceglie improvvisamente di abbandonare moglie e figli, in cui una giovane tata meticcia (la brava attrice non professionista Yalitza Aparicio) è alle prese con alcune delle decisioni più importanti della sua vita, in cui quattro bambini scoprono che gli adulti possono essere egoisti e irresponsabili.

Per quanto il film si soffermi con tenerezza sulla figura della tata Cleo, Roma è un film corale, come è nell’economia dei racconti generazionali, soprattutto di matrice europea.
In questa sede, pensare ad Amarcord di Fellini viene estremamente naturale. Ma sono tali anche opere come Novecento di Bertolucci, C’eravamo tanto amati di Scola, La meglio gioventù di Giordana, L’albero degli zoccoli di Olmi, La notte di San Lorenzo dei Taviani, Rocco e i suoi fratelli di Rossellini. E quelle di un certo nuovo cinema sudamericano, come certi film di Pablo Larraìn (la trilogia cilena su Pinochet composta da Tony Manero, Post Mortem e No).
Una faccia una razza, viene da dire, constatando quanto il Messico messo in scena da Cuarón somigli in maniera impressionante all’Italia dello stesso periodo storico.
Anche il titolo del film, che prende il nome dal quartiere di Città del Messico in cui vive la famiglia protagonista e in cui è cresciuto il regista, è -in questo senso- una emblematica contingenza.

Da sempre un virtuoso della macchina da presa (come dimenticare il famoso piano sequenza de I figli degli uomini o certi ardimenti proposti in Gravity), Cuarón ha messo in scena Roma come se si trattasse di un affresco in movimento che mostra le diverse anime e le differenti pulsioni che animano il suo Paese, una mezcladura in fotogrammi che sembra trarre spunto -omaggiandolo- dal celeberrimo affresco di Diego Rivera presente al Palacio Nacional della capitale. Ci sono diverse scene del film in cui la vita scorre in orizzontale, come se le immagini fossero generate da uno zootropio, con una figura determinante (di solito, Cleo) che attraversa sfondi a loro volta diversamente animati, ricchi di vita, luce, rumori… A proposito di rumori: Roma potrebbe non aver bisogno di dialoghi, forse per via dell’estrema ricercatezza della composizione scenica e fotografica (il b/n firmato interamente da Cuarón è particolarmente luminoso ed elegante) che esplicita da sé il contenuto delle varie sequenze, supportato da un montaggio coerente e ordinato (sempre curato da Cuarón).
Come in un film di Tati (o di Sylvain Chomet, per estensione), a fare la storia sono i suoni della vita (in questo caso, le urla perlopiù giocose dei bambini, lo stridere della carrozzeria dell’auto fra le fiancate di due mezzi pesanti, il chiasso di una banda musicale scalcinata, gli spari delle armi dei paramilitari, l’abbaiare dei cani, la risacca dell’oceano, la musica che arriva da una radio a transistor, il mancato pianto di un neonato).

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