L’idea di base, che è il motivo della storia, rimane buona come nel primo film, ma la realizzazione risulta alquanto posticcia, frettolosa e poco ricca di voglia di spiccare. Attualizzare il mito greco non è lavoro banale, e gli spunti realizzativi potrebbero essere quantomai fertili e frizzanti. Tutto questo poteva prendere piede nel primo film, grazie alla spinta della novità, ma il secondo capitolo è talmente banale da riciclare persino antagonisti risorti da non si sa quale al di là. Gli enormi enigmi in sceneggiatura non accennano ad alcuna volontà di scioglimento in fase realizzativa, e gli effetti speciali (generalmente fiore all’occhiello di tali produzioni) appaiono talune volte di pessima fattura. Scagnozzi di gomma hanno addirittura una rimembranza dei tempi dei Power Ranger, delineando poca caratterizzazione estetica dei personaggi di contorno. Tutto sembrava quantomeno più curato nel primo capitolo, che è riuscito a strapparmi qualche sussulto di sorpresa riguardo al rapporto mito-modernità. Ma non sono uscito dalla sala amareggiato, invece leggero, poco sporco di una qualsiasi cattiva visione. Il carattere favolistico mi inchioda sul desiderio di far mia questa storia, sostituire le falle di sceneggiatura con la semplice magia del fanciullo che è in me. Avessi potuto scegliere, non mi sarebbe dispiaciuto se questa “favola” mi fosse stata presentata nell’età dell’infanzia. Ma rimango con i piedi per terra, e il film non arriva alla sufficienza.
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