Thriller convenzionale / 8 Aprile 2016 in Maniac
Al di là del “trucco” delle riprese in pressoché totale soggettiva, dei conseguenti artifici tecnici utili a supportarle e del pretesto psico-narrativo che le sostiene (lo spettatore sa fin dal principio chi è il killer, cosa vede, cosa pensa e perfino quando respira), il film di Khalfoun non mi ha convinta granché.
A dispetto dell’atmosfera morbosa in cui dovrebbe muoversi, l’ho trovato un thriller abbastanza convenzionale che, talvolta, scivola nel consapevole ma irrisolto grottesco (vedi, i manichini assediati dalle mosche) e che, troppo spesso, incede nello slasher fine a se stesso (la reiterata cerimonia dello scalpo è davvero fastidiosa: una piccola incisione e poi… un lungo straaaap, ahia!).
Ho trovato abbastanza scollate fra di loro la fotografia e la colonna sonora: con inevitabili richiami a Mann e a Refn, infatti, la Los Angeles del film ha un che di alieno e metallico e le musiche originali in stile anni Ottanta sembrano voler richiamare alla memoria determinati esempi cinematografici, ma il risultato è a mio parere abbastanza incolore e poco concluso.
Inquietante quel gran testone di Elijah Wood (ma, secondo me, lo è per natura: non è un caso che Rodriguez gli abbia affidato il ruolo di un altro serial killer nel primo Sin City), molto carina e adatta allo scopo l’attrice francese Nora Arnezeder che, en passant, mi ha ricordato un po’ Melanie Laurent.