Quel pazzerellone di de la Iglesia prende Romero (Zombi) e Carpenter (Distretto 13), li mixa e crea il suo personale dramma da camera in salsa grottesca.
Alcuni sconosciuti restano intrappolati all’interno di un bar squalliduccio di Madrid, mentre, all’esterno, un misterioso cecchino uccide chi esce dal locale.
Perché?
Le reazioni delle persone segregate nel bar sono quelle che qualunque “medioman” avrebbe in una situazione del genere: ipotesi sballate e illogiche alla ricerca della quadra, atteggiamenti autoprotettivi tesi allo spasimo, solidarietà improvvise.
Quel che colpisce è il pressoché definitivo appiattimento dei personaggi, ridotti infine a topi spaventati che della loro personalità (anzi, dei loro stereotipi, perché de la Iglesia ha ragionato pressoché esclusivamente per topoi, facendo pressoché a meno dei nomi dei singoli individui) conservano pochi (ma fondamentali) bagliori.
Da commedia nera, il film vira infine verso lo slasher, cambiando registro almeno altre tre volte, facendo sogghignare, schifando e spaventando alternativamente lo spettatore.
Nel complesso, intrattiene e conferma l’eclettismo e la vivacità narrativa e tecnica del regista basco.
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