6 Marzo 2024 in La sala professori

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Carla Nowak è un’insegnante di discipline matematiche e sportive in una scuola media tedesca, crede nel proprio lavoro, lavora con professionalità, onestà e rispetto dei suoi studenti. Durante le sue lezioni sembra regnare serenità e sembra in grado di tenere sotto controllo l’esuberanza dei ragazzi con semplici regole e gesti: per riportare l’ordine le basta un semplice battito di mani. In una scena significativa si impegna a spiegare a uno studente che una “tesi” non è una mera ipotesi, ma dev’essere supportata da una valida dimostrazione. Non sa che presto questo insegnamento si ritorcerà contro di lei, portandola a perdere il controllo di ogni relazione interna all’istituto – dunque di quello che per noi è tutto ciò che ha, perché il film non rivela nulla della sua vita oltre la scuola. A turbare l’ordine del mondo di Carla sono una serie di furti che avvengono all’interno dell’istituto e che generano un clima di sospetto nei confronti degli studenti, verso i quali la dirigenza usa metodi poco democratici (secondo il principio più volte ribadito della “tolleranza zero”), dimostrando un atteggiamento ipocrita, ma anche classista e razzista. Animata dalle migliori intenzioni, Carla ha un’idea per scoprire il vero colpevole, ma la situazione le sfugge di mano e bastano un errore e piccole ingenuità per sgretolare la sua autorità e il rispetto nei suoi confronti: attaccata dall’interno (studenti, colleghi, dirigenza) e dall’esterno (genitori, ma anche dalla stampa, qui rappresentata dal giornalino scolastico), assistiamo al suo tracollo. Iniziato come un innocuo giallo, il film si sviluppa in un crescendo di drammaticità e tensione, fino a svelare un messaggio (anzi un urlo, che vorrebbe essere liberatorio come quello che a un certo punto Carla fa in classe coi suoi studenti) di critica politica e sociale, sintetizzabile nella potente immagine finale: con amara ironia, uno studente viene portato a forza fuori da scuola da alcuni poliziotti mentre rimane aggrappato alla sua sedia, come un re vittorioso su una portantina; ma noi sappiamo che quella che viene rappresentata come una vittoria è in realtà una sconfitta dello studente e dell’intera comunità scolastica. Una spietata e intelligente descrizione della crisi dell’istituzione scolastica e dunque della società di cui essa si fa specchio.

Chi vive nel mondo della scuola italiana credo abbia guardato questo film con un sorriso amaro. La narrazione ormai diventata dominante (attraverso i media) rappresenta da tempo la scuola come un’istituzione anacronistica e oppressiva, mentre il ruolo dell’insegnante viene progressivamente snaturato e la sua autorevolezza misurata in termini di simpatia e capacità di intrattenimento. Il timore è che solo alla fine del processo ci renderemo conto di essere come lo studente della scena finale, che non ha neppure gli strumenti per rendersi conto che la vittoria contro il Sistema è il suo stesso fallimento.

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