Rappresentazione di una radicalizzazione / 14 Novembre 2023 in Club Zero

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Credo (sottolineo, credo) che, dietro la metafora dell’astensione progressiva dal consumo di cibo, il film Club Zero della regista austriaca Jessica Hausner stia una forma di narrazione della radicalizzazione e del fondamentalismo, in particolare di quello religioso (anche se penso che il ragionamento possa essere esteso a qualsiasi estremizzazione – politica, sportiva, ecc. – quando questa assume toni fideistici).
Lo schema che segue l’imperturbabile Miss Novak (Mia Wasikowska) per attrarre i suoi studenti, infatti, si basa su curiosità, comprensione e promessa e si conclude con un martirio corporale che conduce al premio finale.
Perciò, ritengo che la chiave di lettura dell’intero film si riassuma nella battuta finale: “È una questione di Fede” (un tema che Hausner ha già affrontato in un riuscito film precedente, Lourdes, 2009) e nella insistita composizione della scena conclusiva come se si trattasse -letteralmente- del tableau vivent di una “ultima cena” (benché, se non ho contato male, le persone in scena siano 11 – ma, se contiamo anche la regista e il pubblico, raggiungiamo virtualmente le corrette 13 unità coinvolte).

Ho trovato il film di Hausner imperfetto (e non saprei dire esattamente perché), ma interessante per ritmo (quasi non mi sono resa conto della sua durata complessiva, 110 minuti), musiche e composizione scenica (scenografia, costumi, fotografia) e per via della sua curiosa sospensione temporale (la sua estetica asettica eppure kitsch – vedi, i tagli degli abiti, il design e i corlori saturi e -azzardo- violenti degli oggetti e dell’arredamento in scena creano, nel complesso, un presente che potrebbe essere appena trascorso o che potrebbe venire di qui a poco, in questo mi ha fatto venire in mente – forse, a torto – i lavori di Lanthimos).

Inoltre, Club Zero mi ha turbata per via della “sensatezza” degli argomenti a sostegno della bislacca materia insegnata da Miss Novak (in sostanza, la docente propone ai suoi studenti alcuni aspetti della positiva pratica del Mindful Eating, cioè dell’alimentazione consapevole, fondata sul concetto del qui e ora e del godimento sensoriale del cibo, mista a concetti di ecologia e sostenibilità). Nello specifico, il mio turbamento deriva dal fatto che, da tempo, sono molto d’accordo con i concetti alla base della filosofia di Miss Novak e mai avrei pensato che posizioni che ritengo così sensate e innocue potrebbero costituire la base per un’alienazione così violenta e radicale dalla realtà.

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