Dalla tradizione al mappamondo / 11 Febbraio 2015 in L'invitto

Stilisticamente esemplare, unisce la linearità narrativa al fascino mistico dell’India, la ricchezza simbologica ad una efficace parabola di formazione, con la sfida personale di Apu di uscire dal piccolo alveo famigliare per immergersi nella modernità culturale. Sono film quasi disabitati, questi di Ray; sia che ambienti il set nei sobborghi ai margini della foresta che tra le vie di Calcutta, non c’è mai quella folla, quel groviglio di rumori che l’immaginario ci ha sempre suggerito. Ci sono solo i protagonisti e la loro storia, galleggianti in un vuoto cosmico: una donna sola che si aggira come un fantasma tra le silenziose mura domestiche, uno studentello con la peluria sopra al labbro (p.s. chi ha visto ‘Gran Budapest Hotel’ riconoscerà il prototipo del personaggio Zero Moustapha) che fa girare un piccolo mappamondo, icona dell’affrancamento culturale dai laccioli della tradizione.

Leggi tutto