Recensione su Alex L'ariete

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Il risotto con le er-bet-te. / 13 Marzo 2013 in Alex L'ariete

Non so neanche da dove cominciare. Per la regia di Damiano Damiani e prodotto da Vittorio Cecchi Gori, questo film uscito nel 2000 è una perla rara del trash, del pattume televisivo ed è la summa di tutto ciò che in una pellicola è degno di scomunica papale. Uno scult involontario talmente esagerato e raffazzonato da sembrare (ed essere) la quintessenza del ridicolo e diventare noto come uno dei peggiori film italiani mai realizzati. Complimenti, ma analizziamo meglio il capolavoro. La regia di Damiani è operaia e casuale, con carrellate velocissime alternate a primi piani simil-intensi che risultano esilaranti vista l’inespressività degli attori (su questo punto poi ci arriviamo). Il film è ricchissimo di scene inutili, con sottotrame che iniziano e finiscono nel giro di tre o quattro inquadrature, e tutto ciò serve solo ad allungare ulteriormente il brodo ed evitare che il film duri venticinque minuti, visto e considerato che in quasi due ore non è presente la fotocopia sbiadita di un barlume di idea. La sceneggiatura, evidentemente formata da non più di dieci righe di celtx scritte da un orango ubriaco, perde così ancora più appeal, il che è grave considerato che non ne possiede, risultando come la storia più stupida e sconclusionata che celluloide abbia mai visto. A tutto ciò viene aggiunta una recitazione che si pensava esistesse solo nelle leggende, con un Alberto Tomba d’annata, che abbandonati i fasti dei bei tempi sugli sci, ci regala una performance comica da fare invidia a Gino Bramieri e le sue gare di barzellette. Tra l’accento bolognese, una totale mancanza delle basi della dizione, una recitazione paragonabile a quella dei saggi di fine anno delle scuole elementari e un personaggio che sembra Martin Riggs di “Arma Letale” dei poveri, poverissimi (praticamente in mutande), quest’uomo riesce a far piegare dal ridere lo spettatore in qualsiasi scena in cui compare, dalle comiche alle tragiche. Al suo fianco una Michelle Hunziker che avrebbe mantenuto più dignità continuando a mostrare il fondoschiena per Roberta e che risulta il personaggio più irritante, inutile e spaccapalle del cinema dai tempi di Rossella O’Hara. Da qui deriva l’unico motivo per cui una persona in possesso bene o male delle sue facoltà mentali possa vedere questo film: farsi due, tre o quaranta risate in compagnia di amici, commentando ogni singola scena o battuta (ce ne sarebbero decine da dire) e gustarsi fino a che punto di bassezza cinematografica si può arrivare con un po’ di impegno. Un’esperienza tantrica.

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